giovedì 2 gennaio 2020

Rugby femminile: dove siamo e dove stiamo andando


Il 2019 si è appena concluso vivendo il suo apice con la Coppa Del Mondo maschile in Giappone, per questo si potrebbe pensare che tutto il resto, rugby femminile compreso, possa essere passato in secondo piano... Non è esattamente così.
In tutto il mondo il rugby femminile va avanti. I quindici test effettuati a novembre hanno contribuito ad aumentare il numero di partite internazionali nel corso dell'anno fino a un totale senza precedenti di 75. Ma i problemi di finanziamento ed uguaglianza rimangono. La domanda alla quale proviamo a rispondere è “dove stiamo andando?” e la risposta non è né semplice né vicina ad arrivare.


Come riporta Bruce Perkins nel suo blog i temi (che qui qui riportiamo) sono tanti: professionismo, Sei Nazioni, rugby di club, Super Series. Un ottimo spunto per capire dove siamo e dove stiamo andando.

I primi passi verso il professionismo
Si è parlato molto in quest'anno dell'ascesa del professionismo nel rugby femmnile. L'Inghilterra sta fissando i parametri ed è chiaramente il punto di riferimento: le loro giocatrici d'élite sono le uniche al mondo che possono definirsi professioniste a tempo pieno. Non è però tutto oro quel che luccica, il loro capo allenatore Simon Middleton sa che questo è uno stato di cose insoddisfacente. Mettere professionisti contro i dilettanti può anche generare un risultato imprevedibile in alcuni sport, ma raramente (per non dire mai) nel rugby. 

Il professionismo porta con sé enormi problemi. Quando in Inghilterra furono annunciati questi nuovi contratti all'inizio della stagione, furono stabiliti dei parametri che le giocatrici dovevano soddisfare per accedere allo status di professioniste: utilizzando gli stessi parametri dei giocatori “pro” della nazionale maschile c'erano meno di otto giocatrici in grado di soddisfare tali requisiti. I parametri hanno dovuto per ciò essere ridimensionati, ma questo ha riportato il movimento femminile inglese più o meno ai tempi del puro dilettantismo.

Ancora oggi la caratteristica unificante per la maggior parte delle donne che giocano a rugby è quella di mescolare (far coincidere è la parola corretta, ed è una cosa spesso davvero complicata) la carriera lavorativa con il gioco. Inoltre per le Red Roses la mancanza di concorrenza contro squadre con strutture finanziarie simili può rendere la vita difficile in un altro modo. Se perdono, la domanda è "Come mai?" Se vincono, gli scettici chiedono se queste vittorie hanno qualche significato.
Esistono altri due paesi che offrono variazioni di contratti a tempo determinato, la Francia e la Nuova Zelanda. Altre due nazioni di alto livello, il Canada e gli Stati Uniti, hanno un cartello "Le donazioni sono gradite" appeso fuori dalla porta degli uffici federali e non è uno scherzo. Le nazioni più piccole (nel rugby) dipendono dal sostegno statale basato ad oggi sulle prospettive di successo olimpico, ma abbiamo potuto constatare che il 7s, è stato per molte nazioni un amico infedele. 

Tuttavia, ci sono segnali incoraggianti. In Italia c'è stata un'iniziativa del governo a sostegno dello sport femminile, che se non porterà niente a livello di club, potrebbe portare ad una situazione magari simile a quella dei contratti centralizzati da “semi-pro” come quelli francesi o scozzesi. Sarebbe un grande impulso per la nostra squadra nel 6 Nazioni che molto probabilmente, come detto da ScrumQueens “crescerà in maniera consistente nei prossimi anni”. 

Dal canto suo la Scozia ha annunciato un aumento dei contratti dei giocatori centralizzati, passando da otto a dieci giocatrici. Benvenuta anche questa notizia, che riflette perfettamente il ritmo disomogeneo della crescita del sostegno finanziario al rugby femminile.
Se guardiamo più lontano, il comitato africano ha organizzato in maniera frettolosa un trofeo continentale femminile per fornire una partecipante africana alla Coppa del Mondo 2021, ma solo quattro nazioni si sono sentite in grado di competere ed il Sudafrica ha staccato, passeggiando sulle avversarie, il biglietto per la Nuova Zelanda. 

Il rugby a 15s sta combattendo la sua dura e quotidiana battaglia contro la sorella minore: il 7s. Le Olimpiadi sono il problema. Se facciamo un paragone con il calcio (pur al femminile), quello è uno sport così diffuso che può organizzare la propria competizione olimpica offrendosi a milioni di spettatori. Al momento siamo lontanissimi da una competizione parallela per il rugby, anche per gli uomini. Si svolge solo un breve torneo di rugby 7s, ma l'enorme aumento di interesse che ha causato a Rio ha portato più nazioni di secondo e terzo livello a focalizzare tutta la propria attenzione e le proprie finanze sul rugby 7s, talvolta con risultati disastrosi (leggasi Olanda). Questo rende ancora più difficile, se non impossibile, ottenere dai governi, che devono guardare con occhio attento le loro risorse, finanziamenti per il rugby a 15s.

Il Sei nazioni
Il torneo negli ultimi anni è stato costantemente in crescita. Oggi sarebbe un gesto tempestivo se Guinness aggiungesse il proprio nome anche al Women's 6 Nations Championship. Al momento ci troviamo in una specie di casa costruita a metà. La nuova sponsorizzazione è attesa da tempo.
Con il senno di poi possiamo dire che il risultato della torneo 2019 era del tutto prevedibile. L'Inghilterra ha demolito tutte le avversarie incontrate sul proprio cammino. Il comitato del 6 Nazioni sembra riluttante ad apportare modifiche importanti (o anche minori) alla formula, ma se il torneo del 2020 produrrà un risultato simile, sarà necessaria una risposta più coraggiosa. 

La programmazione del torneo potrebbe essere migliorata. Ci chiediamo, ad esempio, perché due partite si svolgono contemporaneamente quando una pianificazione più ponderata consentirebbe alle persone di vedere tutti i match. Le compagnie televisive, che stanno valutando se fare un'offerta per un contratto esclusivo, vorrebbero il più vasto pubblico possibile. Un problema spinoso è se organizzare le partite al fine di aumentare la tensione. Allo stato attuale, è probabile che solo la Francia e l'Inghilterra vincano il trofeo, come hanno fatto per venti delle ultime ventitré edizioni dal 1996. Partendo da quello che è un dato di fatto, non possiamo non chiederci il perché di collocare “le crunch” nel primo giorno del programma del torneo 2020.

Certo, presentare questo argomento potrebbe sembrare una mancanza di rispetto per le altre nazioni in gara, ma è innegabile ad oggi che chi vince quella partita, si assicura il risultato finale.Almeno questa volta l'Inghilterra dovrà recarsi in Francia dove solitamente non trova vita facile, ma se le Red Roses dovessero vincere quella partita, le probabilità sono che concluderanno il torneo con l'ennesimo Grand Slam, sono altissime. Delizioso, per tutti i tifosi inglesi, ma assolutamente inutile, se non dannoso, per il torneo. 

Tutte le sei federazioni coinvolte stanno aumentando i loro standard. Ma il gap tra loro e l'Inghilterra non si chiude. Il secondo posto in Italia nel Sei Nazioni del 2019 è stato il benvenuto, ma dopo il test di Bedford a novembre tra le due squadre ha riportato le Azzurre con i piedi per terra, dimostrando che le nostre ragazze hanno ancora una lunghissima strada da percorrere per raggiungere la cima. Andrea Di Giandomenico non gode ancora della profondità tra le giocatrici (e le alternativa in alcuni ruoli, mancano davvero) di cui ha bisogno per essere sicuro di ripetere questo successo. Irlanda, Scozia e Galles stanno lavorando sodo per migliorare il loro gioco. Negli ultimi due anni tutte e tre hanno subito un cambiamento nella gestione, ma almeno le ultime due hanno aumentato il numero di partite giocate al di fuori del 6 Nazioni, durante l'anno.

Le Super Series
Questo nuovo torneo ha segnato un altro importante passo avanti nel rugby internazionale. Uno dei suoi svantaggi è che ha allargato il divario tra queste prime 5 nazioni e il resto del mondo. Se World Rugby avesse il potere di farlo, sarebbe meraviglioso anche per le successive cinque squadre nel ranking (ad oggi Australia, Italia, Galles, Irlanda e Spagna) poter disputare un torneo simile.
Se fosse istituito un torneo parallelo per il prossimo anno, l'esperienza di San Diego dovrebbe però essere migliorata, soprattutto per quanto riguarda le strutture off-field per le giocatrici ed il numero davvero esiguo di spettatori. Sicuramente Inghilterra, Francia e Nuova Zelanda sarebbero in grado di migliorare quegli aspetti, ma l'operazione ha bisogno di un enorme contributo da parte degli organizzatori, secondo solo all'organizzazione di una Coppa del Mondo. Solo gli standard del gioco hanno reso l'impresa totalmente utile.

Autumn Internationals
I test di novembre sono davvero decollati quest'anno con alcune nazioni che sono scese in campo per la prima volta la prima volta. La Scozia anticipando tutti è scesa in campo fin da settembre, organizzando il suo primo tour all'estero, in Sudafrica. Le giocatrici sono tornate molto soddisfatte dell'esperienza, ma purtroppo le loro due vittorie sono state cancellate subito dalle sconfitte nei test successivi con Galles e Giappone. Sia il Giappone che Hong Kong hanno intrapreso una tournée in Europa ed hanno vinto partite, con la Scozia la prime e l'Olanda la seconda. Questi sono passaggi essenziali per ridurre il gap nello sviluppo del gioco. All'interno dell'Europa, la mancanza di promozione / retrocessione ai massimi livelli significa che le nazioni di secondo livello possono solo rimanere indietro rispetto alle prime sei. Sarebbe utile se tornassero le nazionali “A” e come in passato disputassero partite con le squadre europee che si trovano al di fuori dell'ombrello delle 6 Nazioni. 

Fino a sette anni fa un'Inghilterra XV giocava regolarmente contro di loro. In questi giorni ci sono un gran numero di giocatrici di talento si esibiscono appena fuori dalla fascia professionale, tra cui molte Red Roses e la squadra U20. Sarebbe bello vederle contrapposte ad avversarie meno familiari. Farebbe entrambe le parti un immenso bene.Il professionismo totale è l'unica strada per il successo? No. Gli All-Blacks e Black Ferns lo hanno dimostrato per decenni. Tutto ciò di cui c'è bisogno è una vibrante tradizione e il giusto materiale umano… Ma una cassa piena di lingotti d'oro davvero sarebbe molto gradita.

Un inaspettato regalo di Natale
La partita tra Harlequins e Leinster tre giorni dopo Natale ha rappresentato un enorme balzo in avanti per il rugby femminile a livello di club. Forse il prossimo logico passo avanti potrebbe essere un match tra la vincitrice del campionato inglese (Tyrrells 15s) e francese (Top 16), da disputarsi ogni anno, in paesi alternati. Scontri tra grandi club come Montpellier, Tolosa, Saracens e Quins attirerebbero sicuramente la folla e questo potrebbe rappresentare un passo fondamentale verso la costruzione di trofeo continentale per club, magari con una formula simile a quella del calcio, con partite ad eliminazione diretta.

Come vedete sono successe così tante cose quest'anno ma c'è ancora molto da fare.

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