Elezioni federali e sviluppo del rugby femminile: la "vision" di Nino Saccà
Continua il nostro percorso di avvicinamento ai candidati per le prossime elezioni federali. Come sapete li abbiamo "interrogati" su quali progetti abbiano in mente e come intenderanno svilupparli, se eletti alla guida della FIR per il prossimo quadriennio. Dopo Elio De Anna, oggi andiamo a conoscere la "vision" di Nino Saccà.
ringrazio Ladies Rugby Club rispondo molto volentieri alle domande che mi sono state poste.
Il Rugby Femminile è ormai una componente della comunità rugbistica mondiale in grande accelerazione e di grande rilevanza per ogni movimento nazionale.
Quindi questa breve premessa che contestualizza il contenuto delle mie risposte.
E’ inutile dire che i numeri in un movimento sportivo sono molto importanti.
La mia visione del rugby italiano, di cui il rugby femminile è una imprescindibile componente, è quella di un movimento che sia proporzionato ad un paese di 60 milioni di abitanti e attualmente, nonostante che il numero di tesserati giocatori, in questi ultimi venti anni (dall'entrata dell'Italia nel Torneo delle 6 Nazioni) sia triplicato, questo non arriva a 90.000 praticanti, un numero che ci dice che siamo ancora lontani da un ragionevole punto di arrivo.
Anche la crescita del Rugby Femminile in Italia, sulla scorta di ciò che è accaduto in tutto il mondo ovale, ha avuto una accelerazione, che dobbiamo però valutare relativamente ai nostri numeri complessivi, che non possono considerarsi in assoluto adeguati, per quello che ho appena premesso.
La passata stagione sportiva ha contato 1890 giocatrici seniores e poche migliaia, complessivamente, di giocatrici ( solo 471 U18) in tutte le altre categorie e appare evidente, se non si aumentano sensibilmente questi numeri, che qualunque progettualità diventa di difficile attuazione.
Pertanto, ritengo che il miglior e auspicabile sviluppo del Rugby Femminile, a cui si devono riservare specifiche progettualità, non possa essere disgiunto dalla imprescindibile complessiva crescita del rugby nazionale.
Detto questo eccomi alle Sue domande.
- Se eletto presidente FIR come intende sviluppare il movimento femminile di base?
Come sa maschi e femmine giocano fino alla categoria u.12 e quindi fino all’11° anno di età in squadre miste.Personalmente ritengo che si dovrebbe anticipare la separazione della attività fin dall’Under 12 perché, sotto il profilo fisiologico, la differenza tra ragazzi e ragazze già a quella età è molto marcata e in questo si deve, a mio parere ricercare il problema dell’abbandono, che purtroppo comincia già ad evidenziarsi nel passaggio tra U.12 e U.14 per poi risultare evidente nel passaggio dall’U.14 all’U.16, da dove partono attualmente le categorie maschili e femminili.
Dal momento che non c'è crescita senza fidelizzazione, ritengo che si debba partire, strategicamente, da un grande piano di sviluppo inclusivo di progettualità riferita al mondo della scuola e dei giovanissimi, anche attraverso modalità del gioco in tutte le sue varianti (Rugby a 5), che avvicini al rugby il maggior numero di bambine e bambini in età prescolare e scolare, che tra i 5 e 10 anni sia quasi equiparato a livello demografico.
Per far ciò è necessario che le Società siano organizzate e accoglienti, che sappiano utilizzare adeguati strumenti di promozione con tecnici adeguatamente preparati per questa fondamentale fase. A questo specifico riguardo, avrei previsto di inserire, progressivamente dei modelli di società che saranno proposti al movimento con effetti premianti di chi li implementerà, requisiti che riguarderanno l'attività femminile, che dovrà entrare a far parte di ogni società.
Anche un innovativo regime di obbligatorietà potrà risultare utile allo scopo. In definitiva ciò che penso è che un modello di società che rispecchi tutte gli obiettivi del movimento non possa prescindere dalla presenza di un settore femminile dedicato.
- Qual è la visione e quali sono i progetti per il settore juniores e per quello seniores?
La spinta, per consentire al settore juniores di svolgere in piano la sua funzione formativa, non può che basarsi su una incisiva attività di reclutamento e promozione nelle categorie propaganda. Anche in questo caso i numeri – volendo essere realistici - sono quelli che condizionano i progetti.
Comunque anche in questa fascia di età non si deve tuttavia abbandonare, attraverso ogni possibile modalità del gioco, l'intento di aumentare il numero delle praticanti.
In tema di competizioni sia in ambito juniores che seniores devono essere riorganizzate, la prima in funzione del percorso formativo mentre la seconda come diremo più avanti con riferimento alla diversificazione delle categorie.
- Quali sono le risorse umane ed economiche che intende destinare a tali progetti?
Le
risorse umane ed economiche sono quelle che il piano strategico
quadriennale, con le diverse progettualità relative al rugby femminile
(che sono più di una come potrà vedere nella mia proposta su www.
- Come intende lavorare sul complicatissimo problema del reclutamento nel settore femminile?
Ho affrontato l’argomento – che è di fondamentale importanza - nella premessa alla Sua prima domanda.
- Come si può innalzare la qualità del campionato di Serie A femminile?
Per innalzare la qualità del Campionato di serie A è necessario prevedere l'istituzione di altre categorie di campionato femminile che possano determinare, all'interno del comparto, una scala meritocratica. Un primo passo potrebbe essere una serie B divisa in più gironi interregionali e una serie A (unica) a livello nazionale con attività territoriale. Aggiungo che innalzare la qualità della competizione è del tutto strumentale per ciò che riguarda gli argomenti successivi.
- Quali sono gli obiettivi futuri per la nazionale femminile a livello tecnico ed economico?
Gli obiettivi sono quelli che l’attività internazionale, a cui partecipiamo, ci stimola a fare, e pertanto si devono consolidare i progressi e i risultati ottenuti mirando ad una apprezzabile continuità degli stessi. Si dovrebbe anche pensare - e già al riguardo l’argomento è aperto - ad attività a livello internazionale calendarizzate (come avviene per la nazionale maschile con i test match internazionali di autunno) mirate ad alzare qualità. Nel caso che una soluzione non venga dai tavoli internazionali, nel prossimo futuro, dovremmo pensare a tour sulla base di accordi bilaterali. Gli investimenti non potrebbe che essere adeguati agli obiettivi.
- Si può pensare di avviare un percorso di graduale professionalizzazione almeno delle giocatrici nel giro azzurro?
Si, si può pensare, perché se continuerà a crescere e si consoliderà l'interesse per le competizioni femminili internazionali, queste attireranno gli investimenti di sponsor e broadcasters e allora la qualità delle competizioni e il livello della performance diventerà ancora di più importante.
Credo che si dovrà guardare con attenzione cosa succederà con la WRC quest'anno in Nuova Zelanda (e la scelta che abbiamo preso in seno al WR non è stata casuale), perché potrebbe esserci al riguardo una vera accelerazione (come successe dopo la coppa del mondo del 1995 in SA per il Rugby maschile).
Non nascondo che questa rappresenterebbe un grande sfida per il rugby italiano perché sarebbe necessario avere a quel punto una competizione dello stesso rango, ma non solo per noi perché anche le Union Celtiche avrebbero gli stessi nostri problemi e questo ci faciliterà a trovare delle soluzioni comuni (come abbiamo fatto con il PRO 12).
- Come intende lavorare per sviluppare il settore del Rugby Sevens?
La modalità a sette è già ampiamente utilizzata nel comparto del gioco femminile nel rugby di base, in virtù della limitatezza dei numeri, e quindi lo sviluppo del settore dovrebbe essere mirato, sotto il profilo strategico, ad obiettivi specifici della disciplina (R. Europe Series, World Rugby Series, WRC Stevens, Olimpiadi) obiettivi che si possono perseguire solo con progettualità mirate a specifiche classi di atleti. A riguardo, a parte la crescita a livello rugby di base che rimane nodale, rimane di fondamentale importanza concentrare le nostre risorse su un progetto dedicato che garantisca, con continuità, una specifica formazione ad un selezionato numero di atleti ed atlete che dimostrano particolare attitudini a questa modalità del gioco, come d’altronde succede in buona parte delle Union a livello mondiale.
Concludo con un saluto ed un augurio per tutti i lettori e le lettrici di Ladies Rugby Club.
Nino Saccà
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