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Fare rugby femminile in Italia: un precario equilibrio tra difficoltà e passione

Dopo lo sfogo accorato di un genitore su un gruppo Facebook si è accesa in queste ore una interessante discussione sulle difficoltà di fare rugby per le ragazze, soprattutto juniores, un po' in tutta Italia. E' anche il Veneto da sempre punto di riferimento per lo sviluppo del movimento sembra non esserne totalmente esente. 

Il rugby è uno sport affascinante, caratterizzato da valori fondamentali come il rispetto, l'unità e la determinazione. In Italia, come nel resto del mondo, stiamo assistendo a un crescente interesse verso il rugby femminile. Tuttavia, in Italia, questa crescita è ancora ostacolata da molteplici difficoltà. Tra queste, spicca la questione dei numeri risicati, la mancanza di club dedicati e la carenza di investimenti. Questi fattori complessi stanno creando una situazione in cui il potenziale del rugby al femminile non viene pienamente sfruttato e non cresce come dovrebbe e potrebbe.

Le statistiche parlano chiaro: rispetto agli uomini, il numero di ragazze praticanti è notevolmente inferiore. Questo è particolarmente evidente nelle categorie giovanili, dove spesso le ragazze già in partenza sono scettiche nell'avvicinarsi a uno sport considerato ancora prettamente maschile. Questo porta a un’assenza di modelli femminili già a livello di base, che potrebbero incentivare le giovani a provare questa disciplina. Personaggi come Ilona Maher e la sua incredibile popolarità mediatica stanno contribuendo molto alla crescita del movimento negli USA, noi purtroppo manchiamo ancora di figure del genere.

La scarsità di giocatrici non solo limita la formazione delle squadre, ma crea anche difficoltà nel reclutamento di atlete. Molti club faticano a raccogliere un numero sufficiente di ragazze per formare una squadra, costringendo spesso le atlete a unirsi in gruppi più ampi o a scendere in campo con squadre miste, una soluzione che può non soddisfare le esigenze di tutti e che, come sottolineato dal genitore in questione, comporta spesso un sacrificio enorme da parte dei genitori di queste ragazze costretti a sobbarcarsi centinaia di km per poter far giocare le figlie, tra l'altro con dei costi notevoli che nessuno rimborsa. 

In Italia, esistono pochi club nei quali il rugby femminile è stabilmente radicato e, di conseguenza la rete di supporto all'intero movimento è purtroppo molto limitata. Mentre il rugby femmnile in altri paesi europei ha una storia consolidata e una struttura ben definita, in Italia è ancora nella sua fase iniziale. Questo porta a un'inevitabile disparità nelle risorse e nella visibilità. Molti club che praticano rugby femminile sono spesso piccoli e non dispongono delle infrastrutture necessarie per attrarre e trattenere le giocatrici. Le poche società che si dedicano al rugby femminile si trovano comunque a dover combattere per attirare sponsor e finanziamenti. La mancanza di club rende difficile l'organizzazione di eventi e competizioni. Senza un numero sufficiente di squadre partecipanti, le leghe e i tornei possono risultare poco attraenti quando si riescono a organizzare. Di conseguenza, le giocatrici possono sentirsi demotivate, poiché le opportunità di competizione diventano rare. Questo ciclo di scarsità porta a una stagnazione che è difficile da rompere, e molte ragazze che decidono di abbandonare il rugby raramente tornano sui loro passi.

Uno dei problemi fondamentali che spesso viene tralasciato riguarda il ruolo delle allenatrici e delle dirigenti. Per costruire una base solida per il rugby femminile, è necessario investire nella formazione di tecnici competenti e appassionati e dirigenti competenti che abbiano a cuore lo sviluppo del settore. Tuttavia, anche in questo caso ci troviamo di fronte a grosse difficoltà: le opportunità di formazione e sviluppo professionale per donne che desiderano diventare allenatrici sono limitate, il che riduce la possibilità di avere donne in posizioni di leadership all'interno delle società.

Un altro aspetto cruciale da considerare è la carenza di investimenti e visibilità. A livello nazionale, i finanziamenti dedicati alle squadre femminili sono ancora molto limitati rispetto a quelli destinati al rugby maschile. Questo non solo riduce le possibilità di sviluppo delle atlete, ma limita anche l'accesso a strutture di qualità, allenatori esperti e materiale sportivo adeguato. I media italiani hanno storicamente trascurato il rugby femminile, presentando raramente le partite e le storie di giocatrici e squadre. Senza una copertura adeguata, è difficile creare un seguito, il che significa che le potenziali giocatrici continuano a non vedere modelli di riferimento sui quali poter far leva. Inoltre, la mancanza di visibilità crea un circolo vizioso in cui partite, giocate e giocatrici rimangono invisibili, perpetuando la percezione che sia uno sport di nicchia.

Parte delle difficoltà nel promuovere il rugby femminile in Italia è legata agli ostacoli culturali e agli stereotipi di genere. Il rugby viene percepito come uno sport aggressivo e mascolino, e molte donne possono sentirsi intimidite nell'avvicinarsi a uno sport che sfida le norme di genere. L'immagine tradizionale della donna non coincide con il concetto di una giocatrice di rugby forte e competitiva. Superare queste barriere culturali richiede tempo e un cambiamento radicale nella percezione sociale degli sport femminili. Progetti di sensibilizzazione e programmi scolastici possono aiutare a cambiare questa percezione, incoraggiando le giovani a partecipare a sport che un tempo pensavano non fossero per loro. Utilizzare modelli femminili di successo nel rugby può ispirare le ragazze a varcare la soglia di un campo di rugby, ma tutto questo richiede un impegno congiunto e molto consistente da parte di tutti gli attori coinvolti: Federazione, club, media, famiglie e comunità.

Investire nel rugby femminile non è solo una questione di giustizia sociale; è anche una questione di sviluppo del rugby nel suo insieme. Maggiore coinvolgimento e riconoscimento porterebbero benefici a tutti, incrementando il numero di giocatrici e aumentando l'interesse e la passione per il rugby in Italia. Il rugby femminile in Italia ha bisogno di attenzione e supporto per crescere e prosperare. Solo attraverso coesione tra i club, impegno da parte della Federazione e visibilità su tutti i tipi di media, potremo costruire un futuro brillante per questo sport, dove ogni ragazza potrà avere la possibilità di esprimere il proprio talento e tenere viva la passione per il rugby, possibilmente senza dover percorrere centinaia di km alla settimana per poterlo fare.

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