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Nella culla del rugby inglese: Bianca Coltellini ci racconta la sua esperienza con Hartpury College

Qualche giorno fa vi abbiamo portato nel mondo del rugby di club in Francia con l'intervista a Claudia Salvadego cercando di comprendere meglio quali sono le differenze strutturali tra il mondo ovale italiano e le realtà con le quali ci troviamo a competere nel Sei Nazioni. 

Le luci del movimento di club sono però puntate, al momento, in gran parte sull'Inghilterra nel quale sta prendendo forma il nuovo campionato "Pro" al femminile, quello Women's Super Rugby, al quale potrebbe partecipare la nostra azzurra U18 Bianca Coltellini, al momento in forza al Gloucester - Hartpury, squadra scelta tra le 10 che saranno al via della nuova competizione.

A Bianca abbiamo chiesto di raccontarci come funziona questa realtà così particolare in modo da poterci fare un idea di quello che veramente è il rugby di club al femminile nella nazione leader (per l'ovale in rosa) d'Europa. 

Nella foto: Bianca in azione con la maglia del Gloucester - Hartpury
1. Ciao Bianca, quest'anno in Italia si è parlato molto delle azzurre che hanno militato e vinto in Premiership e l'interesse per il rugby di club al femminile in Inghilterra è cresciuto a dismisura. Tu giochi nel Gloucester - Hartpury, nella 3a divisione del campionato inglese, quali differenze hai riscontrato a livello di gioco (tecnico/tattico) e di fitness rispetto alla Serie A italiana? Siamo molto distanti secondo te? 

Quest'anno ho avuto la fortuna di allenarmi e giocare con le ragazze del Gloucester-Hartpury WRFC e con loro ho disputato il campionato Championship 2 e la Intermediate Cup. Credo che questa sia una squadra un po' particolare rispetto al livello medio del campionato perché vive una condizione estremamente favorevole legata al grande impegno delle due società che la compongono, in quanto siamo supportate dal Gloucester e soprattutto abbiamo a disposizione giocatrici e staff dell’accademia di Hartpury ed è proprio in virtù di questo che la RFU ha deciso di inserire la squadra nel Women Super Rugby Championship che il prossimo anno prenderà il posto della Premiership come massima espressione del rugby femminile in Inghilterra. 

A mio avviso il livello medio della Championship 2 è forse più basso di quello della Serie A italiana, ma anche qui in questa categoria, come del resto in Italia credo che l'aspetto più rilevante sia la poca omogeneità tra i livelli delle varie squadre. Se dovessi immaginare la prestazione del mio club nel campionato di serie A italiana ritengo che avremmo potuto giocarci l’accesso ai play-off per la fase finale, poi forse con squadre come Valsugana, Monza e Colorno sarebbe stato davvero impegnativo andare avanti.

Nelle categorie superiori il livello sale ancora ed è tra Premieship e Championship 1 che sta il vero gap. Se guardi la rosa di Bristol, Aleysford Bulls o Lichfield ti spaventi, ognuna ha nel gruppo almeno una decina di giocatrici con esperienza internazionale a livello giovanile e seniores, per non parlare poi delle Bulls che quest'anno hanno anche potuto contare su giocatrici italiane come Manuela Furlan, Michela Sillari e Jessica Busato, che sono sicaura abbiano contribuito in maniera determinante alla vittoria della Premiership. 

2. Nelle interviste che abbiamo realizzato in Francia ed Irlanda, nonostante non si parlasse di professionismo, abbiamo notato una grande cura nella gestione degli allenamenti, sia a livello fisico che tecnico. Come funzionano ad Hartpury gli allenamenti? Ci descriveresti la tua settimana tipo sul campo?

Con il club quest’anno il lavoro di base prevedeva due allenamenti alla settimana in campo, ma le cose cambiano poi molto a livello individuale.
Le giocatrici più grandi gestiscono autonomamente le sedute integrative di "strength and conditioning", compatibilmente con impegni di lavoro e famiglia. Le ragazze dell’università si allenano qui al campus e hanno allenamenti extra, sviluppati per la prepapazione al campionato B. U. C. S. (il campionato delle università britanniche). 

Infine ci siamo io e le altre ragazze dell'accademia A. A. S. E. che ai due allenamenti col club aggiungiamo il nostro programma, che prevede due/tre allenamenti al giorno divisi tra campo, palestra, preparazione atletica e skills individuali; questo è possibile soltanto perché la nostra scuola gestisce gli orari delle lezioni in modo coordinato con l'attività sportiva. Per le partite di solito si gioca con il club il weekend mentre il mercoledì si gioca con l'accademia o con la squadra universitaria, e questo è bello, perché così spesso si salta anche un giorno di scuola!

3. Una gestione così variegata richiede sicuramente uno staff numeroso e di grande competenza. Come è composto il vostro staff?

Come per Gloucester - Hartpury WRFC lo staff tecnico è composto da un Head Coach, Susie Appleby, da un secondo allenatore, Oli Wilson, un Coach degli avanti, Laura Jane Lewis (che è anche la responsabile oltrechè l'allenatrice della nostra Accademia A. A. S. E. del College) e da un kicking coach, Richard Whincup. Siamo poi seguite da un fisioterapista e altre figure di supporto durante l'attività in campo sia negli allenamenti che durante le partite.

All’accademia poi abbiamo il nostro fisioterapista (Steve Leonard, che gioca come centro con Hartpury RFC ed è fortissimo!), uno psicologo sportivo, una nutrizionista ed una life style manager, che come tutor aiuta soprattutto le ragazze del primo anno ad organizzare la gestione delle attività sportive e scolastiche.

4. In Italia, anche in Serie A, abbiamo spesso a che fare con un problema di numeri e di gestione del tempo in rapporto agli allenamenti. Com'è composta la tua squadra? Ci sono altre giocatrici straniere o sei l'unica? Ci sono altre giocatrici nazionali (inglesi e non) ?

Il gruppo è abbastanza eterogeneo, ci sono ragazze di appena 18 anni come me, la mia amica Laura Paganini ed altre compagne d'accademia, studentesse universitarie e ragazze più grandi con famiglia e figli. La maggior parte proviene da un percorso sportivo legato alla pratica del rugby, altre invece arrivano da sport diversi e si sono avvicinate a questo sport solo all'università o comunque in età, diciamo così, più "adulta". 

Le uniche "straniere vere" siamo io e Laura,  che ha giocato con me gli Europei U18 a Vichy, poi ci sono alcune gallesi, visto che il Gloucestershire praticamente confina con il Galles. Le giocatrici nazionali seniores siamo io, Rebecca De Filippo di origini italiane ma Gallese al 100%, Hannah Jones, anche lei gallese, Kelly Smith e Hollie Aitchinson che giocano entrambe con la nazionale 7s inglese nelle World Series e frequentano qui l’università; oltre a tante altre ragazze che hanno giocato e giocano con la nazionale inglese U20

5. Nonostante una crescita costante del rugby al femminile, in Italia, c'è ancora un evidente problema di strutture. Secondo te c'è molta differenza tra quella in cui ti alleni/giochi e quelle che avevi a disposizione in Italia?

In Italia io ho svolto solo attività giovanile, quindi non so come sia la situazione dei club seniores di serie A. La società nella quale giocavo, il Cus Milano Rugby, non ha grandi strutture a disposizione. Devo però dire che la situazione era assolutamente la stessa per noi ragazze e per le squadre maschili, dove giocava mio fratello Lapo.

Detto questo non credo proprio si possano fare paragoni, noi qua ad Hartpury abbiamo a disposizione le stesse strutture dove si allena il club di Premiership maschile del Gloucester, ci sono 8 campi da rugby (di cui due in sintetico), una palestra fantastica, strutture per fisioterapia all'avanguardia e sale riunioni dove facciamo video-analisi ed attività d'aula. 

Le partite le giochiamo sul campo principale di Hartpury, dove gioca anche l'Hartpury RFC che quest'anno ha vinto la National League 1, o sui campi sintetici quando la situazione meteo lo richiede. Qualche volta abbiamo anche giocato a Kingsholm, lo stadio del rugby di Gloucester dove gioca la Premiership maschile. Devo dire che quando giochi su un campo così, dopo che magari si è appena conclusa una partita tra Gloucester e Wasp, la sensazione è incredibile, c’è tanta pressione e suggestione data dallo stadio, ma il clima è davvero bello.  

6. Parliamo di pubblico: abbiamo visto che in Francia, nonostante i grandi numeri della nazionale femminile per il rugby di club la situazione (almeno in 2a divisione) non è molto diversa da quella italiana. In Serie A da noi ci sono mediamente tra 50 e 100 spettatori a partita (talvolta anche molti meno) com'è la situazione per il rugby di club in Inghilterra?

Nella nostra categoria il pubblico cambia molto a seconda di dove giochi, se giochi ad Hartpury o in trasferta spesso i tifosi a bordo campo come da noi sono per lo più amici e parenti, oltre a pochi altri irriducibili appassionati. Per le partite a Kingsholm invece ci sono più persone, quando finiscono i ragazzi lo stadio si svuota quasi completamente, ma dei 16.000 spettatori che assistono alla partita della Premiership qualche gruppetto si ferma a vederci ed ogni volta quelli che rimangono sono sempre di più. 

7. Tu sei stata nazionale 7s U18, quanto è stata importante l'esperienza inglese per la tua crescita?

Per me il passaggio dalla Nazionale U18 è stato un momento fondamentale, essere selezionata per i trial dal Responsabile dello sviluppo della Lombardia, Massimo Giuliani, e poi essere chiamata da Andrea Di Giandomenico è stata una emozione grandissima. Non c'è cosa, per me, nello sport che ti può rendere più orgogliosa se non vestire la maglia della tua nazionale. Farlo con una selezione giovanile è poi un’iniezione di stimoli incredibile. Tutto questo è avvenuto prima che io venissi a giocare in Inghilterra grazie al lavoro fatto in Italia con il mio club di allora, il Cus Milano Rugby, e soprattutto grazie al mio allenatore, Gabriele Paganini, che ha avuto un ruolo molto importante nella mia formazione. Lo scorso anno ho avuto l'onore di essere il capitano della nostra nazionale 7's U18 ed è stato davvero emozionante, abbiamo giocato un buon europeo e sono davvero soddisfatta del risultato. Credo che la partita vinta con l'Irlanda me la ricorderò per tutta la vita. 

Detto questo mi sento di affermare che questi due anni in Inghilterra sono stati una grande opportunità, qui ho avuto la possibilità di allenarmi al meglio, in un contesto dove tutto è organizzato al meglio. Il College di Hartpury è fantastico, in 2 minuti passi dalla tua camera al campo e poi così dal campo alle aule per le lezioni, non ci sono tempi morti ne problemi logistici. Mi ricordo che quando ero a Milano per poter fare un ora e mezzo di allenamento dovevo mettere in conto di perdere almeno un pomeriggio di studio e facendo il Liceo Classico questo non era certo un problema da poco.
Come dicevo sopra lo staff tecnico qua ad Hartpury è eccezionale ed il clima in generale tra le ragazze è fantastico più che una squadra è come sentirsi parte di una famiglia, inoltre vivendo insieme nel college questo legame si rafforza ancora di più. Insomma penso che stare qua mi abbia sicuramente aiutato a tirare fuori il meglio di me dal punto di vista sportivo, anche se devo dire che non credo proprio questa debba essere vista come una tappa necessaria, ho un sacco di amiche e compagne che giocando in Italia hanno raggiunto gli stessi risultati , se non risultati migliori dei miei, esordendo in serie A a 17 anni.

Quello che mi sento di dire è che non credo ci sia una ricetta giusta, ognuno può e deve trovare i suoi stimoli e la voglia di lavorare che serve per dedicarsi a fondo ad uno sport, ed anche da noi in Italia certo non mancano bravi allenatori e società che danno il massimo per supportare la crescita delle loro ragazze. 

8. Parliamo spesso di cultura del rugby che manca in Italia e ascoltando chi sta in Francia e Irlanda abbiamo notato significative differenze nella percezione della "donna rugbista" rispetto all'Italia. Secondo qual'è la percezione che c'è in Inghilterra? E' molto diversa da quella che c'è in Italia?

Da questo punto di vista credo che non ci siano proprio differenze, qua in Inghilterra come in Italia ci sono persone che ti vedono semplicemente come un'atleta ed altre che quando sanno che giochi a rugby sorridono o fanno domande e battute stupide, direi che statisticamente la concertazione di persone intelligenti è la stessa di qua e di la dalla Manica.

La differenza non sta tanto nel fatto di essere una donna rugbista o meno, la vera differenza che ho colto è quella legata al fatto di essere uno studente/essa che pratica sport a livello agonistico. In questo si che c'è un abisso tra noi e gli inglesi, in Inghilterra essere un atleta studente è motivo di orgoglio e dà comunque prestigio anche alla tua carriera scolastica in quanto lo sport è visto come parte integrante del tuo percorso di formazione. Purtroppo credo che questo sia un valore che la scuola italiana ancora non ha assimilato a pieno. 

9. Se tu potessi riportare in Italia qualcosa dall'Inghilterra per far crescere la qualità ed i numeri del nostro movimento cosa ti porteresti dietro?

Per far crescere la qualità del rugby delle ragazze in Italia non credo manchi niente, come ti dicevo ho conosciuto figure eccezionali da noi, allenatori, accompagnatori, genitori appassionati, membri della federazione, un sacco di persone pronte a farsi in quattro per le ragazze. Adesso, se sei una ragazza e vuoi giocare a rugby credo tu possa trovare un posto per farlo con sufficiente semplicità. Certo ci sono zone dove questo è più facile ed altre dove lo è meno.

Quello che però porterei via agli Inglesi sono le loro campagne di comunicazione dedicate al movimento femminile. In questo sono davvero bravi, penso ad esempio al video della RFU per la presentazione delle "Red Roses", ma anche alle attività di reclutamento organizzate dei singoli club, più o meno grandi che siano, nonché alla promozione svolta dalle stesse squadre universitarie. 

10. Consiglieresti ad un'altra giocatrice italiana la tua esperienza? Perchè?

Senza dubbio per me questa è stata un esperienza bellissima e temo che il mio entusiasmo abbia finito per contagiare anche alcune altre ex compagne di squadra, prima fra tutte la mia più cara amica Laura che quest'anno mi ha infatti seguito qui ad Hartpury.

Se però dovessi consigliare ad una ragazza di fare un esperienza all'estero come quella che ho fatto io non lo farei in funzione dell'aspetto meramente sportivo. Se vuoi allenarti e lavorare per diventare una buona giocatrice puoi farlo anche stando a casa e non sono io a dirlo ma lo dimostra il fatto che ci sono un sacco di ragazze fortissime che giocano in Italia e che si sono completamente formate nel nostro movimento.

Un esperienza all'estero la consiglierei a chi ha voglia di misurarsi con qualcosa di diverso, a chi ha voglia di conoscere un'altra cultura, un altro sistema scolastico, un altro stile di vita. Questo si che lo consiglierei perché credo che questa sia la parte più importante e che più mi ha arricchito di questi due anni passati lontano da casa.

Adesso devo decidere cosa fare da "grande" e non è facile, ho scelto di studiare architettura all'Università ed ho presentato le applications anche in Inghilterra. L'Università di U. W. E. di Bristol mi ha offerto un posto e sto sinceramente pensando di fermarmi ancora qua a studiare, non è una decisione facile da prendere, ma in questo la possibilità che mi è stata offerta di giocare il prossimo anno con Gloucester-Hartpury nel Women's Super Rugby credo proprio che potrà essere un fattore determinante. 

Comunque ora ho gli esami finali degli A-Level che mi aspettano e sinceramente, come i miei compagni che devono affrontare la maturità in Italia, sono molto preoccupata e concentrata su questo obbiettivo. Le decisioni finali le rimanderemo a dopo.

Grazie a Bianca per la disponibilità e per l'interessantissima chiacchierata, ci salutiamo qui con la promessa di risentirci per farci raccontare come funzionerà il Super Rugby, dove speriamo di vederla in campo con la sua maglia di Harpury - Gloucester.

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