Dalla Serie A alla Tyrrel's 15s: Silvia Arpano in mischia con Loughborough Lightning.
Spesso ci capita di raccontarvi le avventure ovali delle nostre ragazze, che per motivi di studio, lavoro o semplicemente per crescere e mettersi alla prova hanno scelto di partire ed andare a giocare in un campionato diverso da quello italiano. E' sempre molto interessante capire cosa si trovano ad affrontare queste ragazze e quanto siamo distanti noi da un modello sportivo ed ovale come quelli di Francia ed Inghilterra, che sono le mete preferite da molte delle nostre ragazze.
Oggi parliamo con Silvia Arpano, che dopo tanti anni passati con la maglia del Rugby Monza 1949, ha deciso di andare a misurarsi con il campionato più impegnativo a livello europeo, la Tyrrel's Premier League 15s inglese, indossando la maglia del Loughborough Lightning.
Ciao Silvia per
cominciare raccontaci chi sei...
Ciao a tutti, sono
semplicemente Silvia, studentessa ed appassionata di chimica del
suolo e naturalmente del rugby.
Dopo
tanti campionati giocati con la maglia del Monza nella nostra Serie
A, hai deciso di misurarti con un campionato di altissimo livello
come la Tyrrel's Premier League 15s inglese. Come sei arrivata a
Loughborough?
Sapevo
che da settembre sarei andata in Inghilterra in Erasmus, ed ero a
caccia di una squadra in cui giocare. Ad agosto quando c’erano i
mondiali femminili, mi sono fatta coraggio ed ho scritto a Cristina
Tonna, che mi fatto avere un paio di contatti.
Tra
questi c'era quello di Rhys Edwards, allenatore a Loughborough e gli
ho scritto subito. La sua risposta è stata di una disponibilitÃ
disarmante e così ho deciso di andare a vedere com'èra la
situazione. Una settimana dopo essere arrivata a Loughborough sono
andata a veder giocare le ragazze contro le Harlequins ed è stato
davvero un bello spettacolo, anche se penso di essermi innamorata
definitivamente solo dopo la fine del primo allenamento insieme a
loro.
Una
domanda che faccio sempre a tutte le ragazze che giocano all'estero,
quali sono le principali differenze tra fare rugby al femminile in
Inghilterra e farlo in Italia?
Penso
che la mia risposta sia pressoché uguale a quella che ti hanno dato
le mie colleghe, la differenza principale è una: gli investimenti.
Forse qua sono consapevoli di quanto, in termini di risultati, il
ritorno di un investimento fatto sul rugby femminile sia molto
maggiore rispetto all'Italia. Anche qua le atlete pagano una quota
annuale, ma questa è davvero irrisoria e non copre minimamente i
costi della struttura in cui siamo inserite e di quello che abbiamo a
disposizione.
E
per quanto riguarda puramente la gestione tecnica, ci sono
differenze?
Direi
che la differenza maggiore sta nel tipo di approccio, che potrei
definire quasi sperimentale: qui non hanno paura di metterti in campo
e di vedere cosa succede. In Italia, nel sistema a cui sono abituata
prima devi fare un sacco di gavetta, poi hai il permesso di entrare
in campo. Mi ricordo la prima partita, ero in seconda squadra, mi
hanno fatto giocare da titolare dopo nemmeno un mese di allenamento.
Terrorizzante e bellissimo: ottanta minuti per dimostrare ciò che
vali, ottanta minuti in cui sei artefice del tuo destino.
Secondo
te quanto siamo lontani in Italia (sul campo ma anche fuori dal
campo) da una realtà come quella che stai vivendo tu?
Ho
avuto modo di parlare con delle mie compagne di squadra: Loughborough
è un polo universitario e sportivo che è lontano anni luce perfino
negli standard locali, che di base sono già elevati. Non ci
appoggiamo solo alle strutture, ma anche al know how e alla ricerca
che avviene in università , che poi viene applicata in ambito
sportivo. E' davvero un altro mondo.
Da
quante giocatrici e composta la squadra? Com'è composto il
vostro staff tecnico?
Nella
città di Loughborough ci sono cinque squadre di rugby femminile: la
neoformata Loughborough Lightning, dove gioco io schiera due squadre,
l’università ne ha altrettante, formate solo da studentesse.
Storicamente poi esiste anche il Loughborough City, il club
cittadino.
Le
prime quattro squadre sono gestite direttamente da Rhys, che oltre ad
allenare personalmente la prima, gestisce il pool di giocatrici, che
sono circa una settantina. La mischia la allena Sarah Hunter, la
nostra numero 8 (e capitano della nazionale inglese, nda), Amy e
James invece si occupano della seconda squadra. Abbiamo due
preparatori atletici che si occupano anche delle statistiche GPS, un
fisioterapista ed un'addetta alle riprese... E penso di aver perso
per strada metà della gente che lavora con e per noi. E' davvero è
una macchina impressionante.
Ci
racconti una tua settimana tipo sul campo?
Otre
a quattro-cinque sessioni di palestra, la settimana tipo prevede due
allenamenti sul campo, uno per reparto e uno collettivo. In più ci
sono delle sessioni speciali sulle abilità individuali, tipo degli
allenamenti bonus per chi vuole migliorare. Io abito a circa due ore
e venti dal campo, perciò mi alleno a distanza e partecipo ad una
sola sessione, prendo sempre un sacco di botte, ma sono felicissima.
Quando non sono a Loughborough, mi alleno con la squadra maschile
dell’università maschile dove studio. Là qualche volta riesco
anche a darle.
A
livello logistico come funziona? Dove vivi e come ti mantieni?
Sono
in Inghilterra con una borsa di studio Erasmus, che copre circa metÃ
dell’affitto che pago mensilmente. Prima di venire qua ho avuto
tutta un’estate per lavorare, e poi ho anche qualcosina da parte,
che ho guadagnato facendo l'allenatrice.
Quale
supporto ti sta dando la società (Casa, lavoro, rimborsi o altro) ?
Il
supporto della società sta tutto in quello che fanno per me le mie
compagne di squadra: mi ospitano durante i trasfertoni, mi vengono a
prendere in stazione, mi fanno sentire sempre una di loro. Certo c’è
voluto un po’ di tempo, anche perché io sono una timidona.
In
Italia uno problemi è lo scarso appeal del campionato femminile,
come è li da voi la situazione pubblico? Ci sono persone che vi
seguono o gli spalti sono quasi vuoti come qui da noi?
Qua
il pubblico c’è ed è anche autoreferenziale: famiglia e amici
delle giocartici come ci si potrebbe spettare, ma ciò che vedo qua è
la partecipazione del club, un po’ come la partita della prima
squadra maschile di una serie B qua in Italia. Quando non sono troppo
assorbita dal gioco, noto sempre un discreto numero di bambine, a
volte giovani giocatrici, a volte portate dai genitori. A volte poi,
le nostre partite vengo anche trasmesse in streaming, dipende dal
club ospitante.
Una
cosa che non ti saresti mai aspettata di trovare?
Non mi sarei mai
aspettata di trovare ragazze che si fanno la doccia (se la fanno) col
costume intero dopo una partita.
Quali sono i tuoi
obiettivi per il prossimo futuro? Conti di rimanere in Inghilterra o
ti vedremo di nuovo calcare i nostri campi?
Ah ah ah ah ah, questa è
in assoluto la domanda più difficile! Diciamo che conto di trovare
un lavoro che mi piace, il rugby verrà di conseguenza. Se c’è una
cosa di cui sono certa, è che nel bene e nel male un modo per
giocare lo troverò sempre.
Consiglieresti la tua esperienza ad altre
ragazze che giocano in Italia, anche se non hanno il tuo vissuto, o
magari hanno giocato solo in Coppa Italia?
Certamente si! Il club è aperto anche a chi delle
nostre ragazze volesse cominciare a giocare qua, magari prendendosi
eventualmente una laurea. Se volete mettervi alla prova, se volete
vedere fino a dove riuscite ad arrivare, non c’è posto migliore
dove cominciare.
Grazie Silvia è stata una chiacchierata
davvero interessante. Noi continueremo a seguirti da qui, speriamo
quanto prima di poter vedere una delle tue partite trasmessa in
streaming. Intanto ti facciamo un grandissimo in bocca al lupo per il
campionato e per i tuoi studi.
Wow, grazie mille per l'in bocca al lupo e grazie
per l'intervista, spero di avervi raccontato cose interessanti! Un
saluto a tutti i lettori di Ladies Rugby Club.
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