Elezioni federali e rugby femminile: il programma di Marzio Innocenti
Concludiamo il nostro viaggio tra i candidati alle prossime elezioni federali parlando con Marzio Innocenti che ci illustra il suo programma e la sua visione per il futuro del movimento femminile in Italia.
1. Se eletto presidente FIR come intende sviluppare il movimento femminile di base?
Una cosa va chiarita in premessa. Il movimento femminile è uno dei veri motivi di vanto del rugby italiano, e lo è per due ragioni:
- per i risultati ottenuti dalla Nazionale e la posizione nel ranking mondiale che si è guadagnata a suon di vittorie;
- per aver ottenuto tutto questo contando esclusivamente sulle proprie forze, e non di certo perché la Federazione abbia investito su un serio progetto di crescita sostenendolo poi costantemente nel suo percorso.
Bene, questo deve radicalmente cambiare: la Federazione che mi propongo di presiedere avrà nello sviluppo del settore femminile uno dei suoi focus, potenziando le risorse destinate alla Nazionale e lavorando per fare in modo che il bacino da cui la Nazionale attinge sia sempre più importante in quantità e qualità , anche attraverso un salto di qualità culturale che la FIR dovrà promuovere non solo in ambito sportivo.
Si tratta di un’azione articolata, che non è disgiunta dal progetto complessivo di riforma di altri ambiti - dai campionati, alle categorie giovanili, al ruolo dei territori, al rapporto con il sistema scolastico, all'investimento in impiantistica – ma che sarà affidata a figure dedicate e selezionate sulla base di specifiche competenze.
L’esperienza che ho potuto condividere durante i miei due mandati da presidente del Comitato Veneto mi conforta sotto vari aspetti, il lavoro di promozione sul territorio è indubbiamente l’unica formula che garantisce lo sviluppo del movimento femminile di base, sia nelle Regioni dove il rugby è piuttosto diffuso, sia in quelle in cui invece fa fatica ad affermarsi.
2. Qual è la vision e quali sono i progetti per il settore juniores e per quello seniores?
Il programma col quale stiamo chiedendo la fiducia al movimento individua nei Comitati Regionali il principale motore dei territori: attraverso di essi, opportunamente potenziati in risorse economiche ed umane, si concentrerà un’attenta e puntuale programmazione sull'attività giovanile dei Club, in modo da far proseguire il rugby alle bambine che allo stato attuale, raggiunti i 12 anni, non possono più giocare con i loro coetanei maschi. A questo scopo ogni Comitato avrà un Tecnico dedicato, che stimolerà l’allestimento di squadre U13, U15 e U17, e laddove ciò non sarà possibile, manterrà in attività le atlete con formule alternative, adattate alle specificità di ogni territorio.
In Veneto, Comitato che ho avuto l’onore di presiedere per due mandati, avevo ad esempio affidato al compianto e prezioso amico Aldo Aceto un progetto simile, e grazie alle sue iniziative mutuate da esperienze inglesi e neozelandesi i risultati sono stati molto importanti, numericamente e qualitativamente. Molte delle giocatrici che hanno poi fatto le fortune di Valsugana e Villorba arrivano da quel progetto, che non sarà l’unico, andando ad intersecarsi con il più ampio progetto dedicato alle attività scolastiche coordinate col MIUR, altro punto forte del nostro programma. Per quanto riguarda l’attività seniores, la riforma dei campionati avrà un forte impatto, come spiegato qui in seguito.
3. Quali sono le risorse umane ed economiche che intende destinare a tali progetti?
Il nostro programma prevede una decisa revisione dell’allocazione delle risorse attuali della FIR, trasferendo parte delle dotazioni ad oggi impiegate per l’Alto Livello a progetti di sviluppo del rugby di base, settore femminile incluso. Tali risorse economiche ci consentiranno di lavorare sui punti cruciali per lo sviluppo del rugby femminile:
- ampliamento della base tramite azioni di reclutamento nella scuola;
- miglioramento delle competenze dei tecnici del femminile grazie al supporto e all'intervento dei tecnici regionali che verranno potenziati;
- investimento nella formazione di squadre giovanili.
4. Da futuro presidente come intende lavorare sul complicatissimo problema del reclutamento nel settore femminile?
Il tema è centrale: abbiamo bisogno di allargare la base numerica per alzare il livello qualitativo e competitivo del movimento, ed in questo processo il ruolo della scuola è assolutamente centrale, ovviamente non solo per l’aspetto sportivo, ma anche educativo e valoriale. L’approccio al MIUR deve essere rivisto, liberandosi di quell'impressione di una FIR a pesca di ragazzi e ragazze che troppo spesso ci lasciamo dietro, non essendo inserito il progetto di reclutamento in un contesto più articolato, che può e deve diventare parte del progetto educativo destinato a studentesse e studenti.
Vogliamo dunque lavorare a livello centrale sui rapporti con il MIUR, ma vogliamo anche dare maggiore sostegno, tramite i Comitati, ai Club, condividendo una linea di approccio alle scuole su tutto il territorio nazionale, pur nel rispetto delle differenze locali, fornendo supporto nell'interfacciarsi con dirigenti e insegnanti, sviluppando competenze specifiche per il personale che entrerà nelle scuole a far conoscere il rugby e utilizzando le risorse dei Comitati a sostegno concreto degli interventi dei Club nelle scuole. Molte delle ragazze che attualmente giocano in nazionale provengono dai tornei scolastici, per cui non possiamo assolutamente rinunciare a un investimento importante in questo settore per alimentare il movimento a tutti i livelli.
Di fatto, al di fuori del nostro ambiente il rugby italiano è un fenomeno pressoché invisibile: acquisire maggiore visibilità in generale come sport diventa quindi fondamentale per aumentare l’attrattiva nei confronti delle famiglie, ma altrettanto fondamentale risulta un serio lavoro per colmare il gap culturale e di visibilità tra rugby maschile e rugby femminile.
Infine, occorre ripensare ai club come a degli oratori laici, luoghi nei quali possano svilupparsi azioni concrete di responsabilità sociale, anche e soprattutto nei territori più difficili dal punto di vista delle problematiche adolescenziali. Nessun altro sport come il nostro può avere questa capacità , è un patrimonio che non dobbiamo mai né dare per scontato, né sottovalutare.
5. Come si può innalzare la qualità del campionato di Serie A femminile?
Dando una reale dignità competitiva all'attuale formulazione del campionato. Il girone meritocratico su base nazionale diventa Campionato Italiano di serie A, o prima divisione femminile, e viene disputato con partite di andata e ritorno cui segue una fase di conference, per garantire una durata opportuna della stagione. Il campionato assegna il titolo di Campionesse d’Italia, mentre l’ultima classificata retrocede in serie B.
La Serie B viene strutturata in tre gironi su base territoriale: due gironi da sette squadre e un girone (quello del Sud) da 8 squadre, a sua volta suddiviso in due poule, anche se questo punto si basa sugli attuali numeri di squadre femminili e quindi è da verificare ed eventualmente rivedere alla ripesa delle attività . Le prime due classificate di entrambe le poule del Girone Sud si incrociano tra di loro. Le prime classificate disputano un play-off con partita unica. La prima classificata di ogni girone territoriale e la migliore seconda si giocano le Final Four per la promozione in un weekend a tempi ridotti, il sabato le semifinali e la domenica le finali, con spese interamente coperte dalla FIR.
6. Quali sono gli obiettivi futuri per la nazionale femminile a livello tecnico ed economico?
La Nazionale negli ultimi anni ha realizzato dei risultati notevoli, con un miglioramento generale del proprio livello che è evidente proprio grazie alle vittorie ottenute. Tuttavia, questo patrimonio, che è un patrimonio tecnico ma anche umano e di visibilità , va sostenuto e ampliato per garantire che anche le prossime generazioni di atlete diano continuità a quanto fatto finora dalle ragazze che giocano in nazionale attualmente o che ci hanno giocato negli ultimi anni.
Per poter garantire la continuità all'alto livello è necessario potenziare e allargare la base, ovvero lavorare sui territori per consentire a sempre più bambine e ragazze di giocare a rugby, ma soprattutto di farlo con qualità , grazie alla messa a disposizione di tecnici competenti che consentano al movimento di crescere ulteriormente e di preparare le prossime generazioni di rugbiste. Dobbiamo dunque lavorare sul breve e medio periodo con le ragazze che attualmente hanno 17-18 anni e sul lungo periodo con le più giovani,dando loro continuità nel gioco oltre i 12 anni e possibilità di formarsi adeguatamente come giocatrici.
Sotto il profilo economico è evidente la grande disparità tra il rugby maschile e femminile, che è comunque specchio di ciò che avviene in moltissimi altri sport. Credo che sia assolutamente necessario intervenire su questo per avvicinare i due mondi, favorendo anche dei percorsi di avviamento al professionismo per le ragazze, come vedremo tra poco.
7. Si può pensare di avviare un percorso di graduale professionalizzazione almeno delle giocatrici nel giro azzurro?
L’idea di portare progressivamente le ragazze che sono inserite nel giro della nazionale a giocare da professioniste è una strada dobbiamo necessariamente provare a percorrere, pur con la consapevolezza che per la legislazione italiana attuale non esiste il professionismo per il rugby.
Ad ogni modo, sono in contatto con un circuito straniero di rugby femminile che vorrebbe creare un campionato di squadre internazionali ed è molto interessato a creare una franchigia italiana, dove potrebbero giocare le ragazze di un certo livello che sono interessate a questo tipo di percorso di vita, ovvero che sono interessate a fare una esperienza da professioniste, senza però mai perdere di vista il fatto che dopo la fine della carriera da giocatrice la vita continua e diventa necessario pertanto costruire le basi del post carriera con appositi programmi di formazione (dell’Unione Europea e di World Rugby) per le atlete che un giorno smetteranno di giocare e dovranno necessariamente inserirsi in percorsi di vita e professionali.
8. Come intende lavorare per sviluppare il settore del Rugby Sevens?
Il Rugby Seven non è attualmente valorizzato a sufficienza, mentre ritengo che esso vada assolutamente curato tenendo nella debita considerazione le sue specificità , che richiede un alto livello di specializzazione delle giocatrici e degli staff tecnici. È ormai uno sport olimpico, in grado di garantire una visibilità ed un appeal mediatico importantissimi, e pertanto dobbiamo fare in modo che esso si sviluppi, a partire da maggiori investimenti. Dobbiamo migliorare le competenze specifiche dei tecnici e delle giocatrici, rendendolo un’attività complementare dei campionati, ma soprattutto dobbiamo fare in modo che venga giocato su tutto il territorio.
Credo che l’attuale Coppa Italia possa trasformarsi in un campionato di Rugby Seven, orientandola verso questa disciplina, con il duplice fine di consentire ai club che hanno poche tesserate di farle giocare e d’altro canto di porre le basi, anche di tipo tecnico, propedeutiche all'eventuale passaggio al rugby a XV.
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