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2023: crescita record di pubblico nel rugby femminile, ma l'Italia è indietro

Qualche giorno fa il Canada ha battuto il record di spettatori in casa con 10.092 tifosi che si sono presentati per sostenere la loro squadra contro le campionesse del mondo della Nuova Zelanda. Questo dato, legato ad una nazione che non ha nemmeno un campionato domestico femminile (se non quello universitario) degno di tale nome, ci spinge ad una piccola riflessione.

Il rugby femminile sta finalmente ricevendo il rispetto ed il seguito che merita un po' in tutto il mondo, con grandi accordi di sponsorizzazione e diritti di trasmissione introdotti nel gioco come mai prima d'ora. Solo pochi anni fa, questo, era uno sport puramente amatoriale con pochissime persone che conoscevano il gioco femminile a parte quelle attivamente coinvolte in questo sport, ma ora, a giudicare anche solo dalle presenze alle partite internazionali e dai numeri di spettatori, è uno sport che sta crescendo in modo incredibile.

Proprio l'anno scorso abbiamo avuto la fortuna di assistere alla Coppa del Mondo con le migliori compagini del rugby mondiale che si sono riunite per esibirsi in un torneo che passerà alla storia come uno dei più emozionanti e divertenti dalla sua inaugurazione nel 1991. Trasmesso su molte televisioni in chiaro in tutto il mondo, è diventato un appuntamento fisso per molti fan che si sono accostati per la prima volta al rugby femminile.

Questo interesse legato al gioco è cresciuto ulteriormente, quando giusto sei mesi dopo, al Sei Nazioni, una folla di 58.498 spettatori (record per una partita di rugby femminile), si è presentata a Twickenham per sostenere l'Inghilterra mentre completava il suo Grande Slam con una vittoria per 38 - 33 sulla Francia. Per tutta la durata del torneo, sono state registrate 450 milioni di visualizzazioni di contenuti online, il che indica un enorme cambiamento nell'atteggiamento e nell'interesse per il rugby femminile a livello mondiale.

In seguito a quella partita, il futuro allenatore dell'Inghilterra John Mitchell disse: “Le Red Roses hanno stabilito uno standard e una base incredibili per il rugby femminile, essendo la squadra di maggior successo nel Sei Nazioni, il che è un risultato straordinario. Ora abbiamo l'opportunità di costruire su questo, maturare in aree chiave e diventare una vera squadra campione che può giustamente competere per la Coppa del Mondo nel 2025. Vorrei onorare i fan delle Red Roses che supportano enormemente le giocatrici mentre lavoriamo per vincere e fare il tutto esaurito allo stadio di Twickenham per la Coppa del mondo di rugby nel 2025".

Continuare ad alimentare lo slancio del rugby femminile è un lavoro importante e molto complesso per chiunque sia coinvolto in questo sport, poiché le entrate derivanti da offerte televisive, sponsorizzazioni e vendita di biglietti sono una parte vitale per garantire che le giocatrici possano avere le strutture e gli stipendi adeguati per garantire che possano continuare a giocare a tempo pieno, migliorando continuamente la qualità e i livelli di abilità in tutte le aree all'interno del gioco.

In un rapporto condiviso dall'account Twitter "ScrumQueens", esiste una chiara correlazione tra i record di pubblico e l'ascesa del rugby femminile, con la maggior parte dei record stabiliti negli ultimi due anni.

Purtroppo in Italia siamo ancora molto indietro da questo punto di vista, con il grande pubblico che risponde (e neppure sempre) solo al richiamo della nazionale. Se prendiamo il dato della tabella dobbiamo ricordarci inoltre che i 4700 spettatori presenti a Parma per la partita con il Galles era il numero dei presenti totali (grazie anche alle squadre presenti per un torneo juniores disputato la mattina stessa presso gli impianti della Cittadella del Rugby) e non quello dei paganti e che nelle due partite precedenti i dati erano stati molto meno lusinghieri con un totale di 2025 spettatori contro la Francia e poco più di 2500 contro l'Irlanda. Anche in questi casi il numero è riferito alla totalità dei presenti.

Negli ultimi 5 anni la Federazione ha “speso” la bellezza di 80 milioni di euro nel progetto che avrebbe dovuto cambiare di tutto il movimento, compreso quello femminile. È una cifra impressionante per lo sport italiano, che naviga spesso in ristrettezze. Non il rugby, che con un fatturato di quasi 45 milioni annui, grazie proprio agli introiti di Sei Nazioni e sponsor, è la seconda Federazione più ricca (dopo la Figc), ma di questi soldi in gran parte provenienti dal 6 Nazioni, purtroppo, molto poco è stato speso per "spingere" sulla nazionale e sui campionati a 15s femminili. Purtroppo a livello di comunicazione e marketing siamo ancorati ad un'era geologica fa, tanto come Federazione che come club. Basta fare un giro sulle pagine social dei vari club francesi e inglesi con media come Twitter, Istagram e Tik Tok, che per gran parte delle nostre squadre rimangono aree inesploarate.

Anche per il settore femminile la Federazione ha deciso di puntare tutto sull’ “alto livello”. Il problema è che nell’immaginaria “piramide” del rugby italiano, mentre la Fir continua ad occuparsi della punta, la base rimane troppo stretta. Le tesserate sono cresciute rispetto all’epoca delle pioniere, ma il movimento resta confinato in aree ristrette. L’altra metà Paese è abbandonata al dilettantismo: per la “promozione sportiva” vengono spesi appena 300 mila euro.

Nonostante il brivido del gioco e il cameratismo acquisito guardandolo o giocando, il rugby in generale soffre il problema di avere meno spettatori rispetto a molti altri sport e se il rugby internazionale pian piano si sta guadagnando la sua fetta di appassionati, come fare ad alzare il numero di spettatori anche per le partite della nazionale e de club club, rimane la sfida da vincere. Trovare una soluzione a questo problema non è certo facile, ma la crescita degli spettatori mostrata nel rugby femminile internazionale è un'indicazione fantastica del potenziale che lo sport al femminile ha nel suo insieme e se ci guardiamo intorno è chiaro che qualcosa vada fatto, sarebbe davvero un problema serie rischiare di perdere anche questo treno.


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