Il ritorno in campo della Danimarca: una storia da raccontare
Parlate con qualsiasi giocatrice nel mondo del rugby femminile, chiedetele della storia della sua squadra e probabilmente vi racconterà almeno un episodio di allenatori appassionati che da soli hanno creato e gestito una squadra o di giocatrici determinate che hanno fatto appello a tutta la loro forza collettiva e alla loro esperienza per trascinare la loro squadra oltre la linea, e no non intendiamo la linea di meta, ma quella laterale, cioè quella che attraversano le giocatrici per entrare in campo. E' proprio così entrare in campo è spesso la sfida più grande da affrontare, prima ancora di arrivare oltre la linea di meta.
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Photo Credit: Daniel Storch |
La storia della prima partita (non ufficiale) della nazionale a 15s femminile della Danimarca, dopo ben 20 anni dall'ultima partita giocata, è un'altra di queste storie. Infatti, sebbene la nazione scandinava non sia esattamente famosa nel mondo per la sua cultura del rugby, uno sguardo ravvicinato alla ricomparsa della sua squadra femminile rivela che tutto ciò che riguarda il suo recente successo è collegato al quadro più ampio del rugby femminile: il suo passato, il suo presente e il suo futuro.
Chiunque abbia familiarità con le classifiche saprà che una particolarità del ranking mondiale è il modo in cui le squadre inattive mantengono la loro classifica perché, non giocando mai, il loro punteggio non viene influenzato dai risultati delle altre squadre.
La Danimarca è attualmente la squadra più in alto in classifica tra queste squadre inattive, al 35° posto, davanti a quattro delle cinque squadre che dovrebbero comporre la divisione Conference 2025 di Rugby Europe: Romania (40°), Lettonia (47°), Norvegia (49°) e Bulgaria (53°). Se le Valchirie danesi (soprannome della squadra) dovessero giocare una partita ufficiale nel prossimo futuro, le cose potrebbero cambiare radicalmente. In effetti, qualsiasi partita giocheranno sarà probabilmente contro una di queste squadre. La partita non ufficiale contro la Norvegia del 2 novembre, che la Danimarca ha vinto 0-7, è arrivata in parte perché la Norvegia, che ora gioca in una competizione Rugby Europe, voleva più tempo di gioco. La Federazione norvegere ha espresso il proprio interesse a Nina Vistisen, una delle più note allenatrici danesi, chiedendo se la cultura ovale del paese basata principalmente sul gioco a sette potesse essere adattata al formato a 15s e se la Federazione danese fosse interessata a farlo. Vistisen, ex giocatrice delle Loughborough Lightning e delle Saracens nella Premier 15s (ora PWR Premiership Women's Rugby), ha fiutato l'opportunità e si è subito messa in azione.
Il ritorno di Vistisen alla formazione danese nel 2022, portando la sua esperienza dal programma di sviluppo England Sevens e la sua competenza nel 15s, ha visto la squadra raggiungere i suoi migliori risultati di sempre nel Rugby Europe's Sevens Trophy. I segnali che ha lanciato alle giocatrici dal suo ritorno hanno suggerito che potrebbe esserci anche abbastanza voglia e qualità per andare avanti con il 15s. Questo crescente interesse per il formato a 15s fa parte di una più ampia rinascita del rugby nordico. La Svezia, uno dei paesi pionieri nel rugby femminile, ha stabilito lo standard e attualmente gioca nel Rugby Europe Championship, mentre la Finlandia è attualmente la migliore delle altre, giocando nel Rugby Europe Trophy, la competizione europea di secondo livello.
La tradizione nordica di collaborare per raggiungere obiettivi comuni è stata ancora una volta molto evidente: il Göteburg Rugby Club, in Svezia, ha ospitato sessioni di allenamento nel 2022 per consentire a giocatrici danesi e norvegesi interessate a familiarizzare con le regole, i sistemi e le tattiche del gioco di cominciare a lavorarci con dei numeri consistenti. Come per il rugby femminile in molti paesi, fino a poco tempo fa la cultura del rugby in Danimarca e Norvegia era incentrata principalmente sul rugby a sette, in parte per il suo status di sport olimpico e in parte perché è semplicemente più facile mettere insieme regolarmente una squadra di sette giocatrici.
Le squadre condividono persino il design di una maglietta sociale, con la scritta "Nordic XV". Possono essere rivali in campo, ma fuori dal campo sono disposte a mettere in comune le loro risorse per progredire insieme. Detto questo, queste alleate fuori dal campo hanno giocato senza risparmiarsi il loro incontro. La partita tra Danimarca e Norvegia ha evidenziato tutti i tratti distintivi di una squadra internazionale femminile emergente, con un nucleo di giocatrici provenienti del sevens che ha inizialmente faticato ad applicare le proprie abilità a un gioco non familiare, con alcune compagne di squadra quasi totalmente sconosciute. Il sistema 1-3-3-1 delle Valchirie danesi è stato abbastanza comprensibile nel primo tempo, ma la loro formazione è apparsa molto inesperta nella gestione del gioco e, come ha osservato l'arbitro Emmanuel Jacques, entrambe le squadre sono state un po' titubanti nelle prime azioni di gioco.
Amanda Højberg, che ha iniziato con la maglia numero 11 nella squadra danese, ha spiegato che "Adattarsi agli XV è stato molto impegnativo; sembrava di giocare uno sport completamente diverso. Detto questo, penso che passare dal 7s al 15 sia un po' più facile del contrario. Nel 7s, c'è una forte attenzione alle abilità individuali, che secondo me si trasferiscono bene al formato più grande. Tuttavia, giocare a 15s implica avere a che fare con un livello molto alto di complessità , specialmente nell'organizzazione. Una squadra di quindici giocatrici è molto più complicata da gestire rispetto alla semplicità di organizzarne una di solo sette".
Kathrine Kirk, utility back, partita dalla panchina, ha concordato, aggiungendo che: "nel 15s è necessaria molta più strategia: devi pensare a diverse cose in anticipo, giocatrici diverse hanno ruoli specifici diversi. Mentre nel Seven il tutto è più generalista. Sembrava un work in progress anche durante la partita! Abbiamo impiegato tutto il primo tempo per trovare la nostra strada e nel secondo le cose hanno iniziato lentamente a funzionare. Abbiamo fatto un duro lavoro per noi stesse, ma abbiamo imparato molto".
L'impegno nell'apprendere giocando è una cosa ben chiara a tutti i rugbisti. Il rugby non è mai stato per i deboli di cuore e, dopo aver conciliato l'allenamento con gli impegni di lavoro, aver trovato una sponsorizzazione per integrare le entrate garantite per lo sviluppo, elargite da World Rugby e, nel caso della co-capitana Gabriella Skov, essere volata dal Regno Unito dove gioca per le Guildford Gazelles, la squadra danese era chiaramente determinata ad avere un impatto. Le danesi sono scese in campo nel secondo tempo con molta più sicurezza e scioltezza, e hanno fatto notevoli progressi in termini di comfort e capacità decisionale nell'ultimo quarto del match, segnando la loro meta al minuto 60° dopo aver costretto la Norvegia a tanti errori disciplinari, per poi prendere il controllo della partita nel finale ed impedire alle avversarie di reagire.
Come spesso accade nel rugby, il punteggio finale non ha rispecchiato l'affascinante lotta che si è vista sul campo. Una delle battaglie più interessanti è stata quella dei set piece, vista anche la predominanza di giocatrici di sevens in entrambe le squadre. Mentre la maul norvegese era certamente più forte, la mischia della Danimarca ha costantemente sopraffatto quella avversaria ed è degno di nota che, tra le riflessioni delle giocatrici dopo la partita, le due pilone subentrate dalla panchina, Amalie Engbo Salling ed Eva Olivia Harrit Nyberg, siano state particolarmente positive sull'esperienza e sul successo della squadra. In tipico stile da pilona, Nyberg ha dato priorità alla mischia nella sua valutazione della partita, dicendo: "Penso che siamo state dominanti nella partita, anche se non si è visto nel punteggio. Siamo state dominanti nel possesso e nelle mischie".
Ogni giocatrice intervistata ha evidenziato le aree in cui la squadra potrebbe migliorare e ha anche identificato le ambizioni personali per spingere se stessa e la maglia biancorossa in avanti: è chiaro che non hanno intenzione di sedersi e rilassarsi dopo il loro primo successo. La co-capitana Emilie Trouillard, che ha iniziato la partita come mediana d'apertura e si è spostata a mediana di mischia per l'ultimo quarto, era frustrata dal fatto che non riuscissero a convertire il loro possesso in punti in modo efficace. Tuttavia, ha anche elogiato gli sforzi difensivi della sua squadra, evidenziando la capacità di mantenere la linea di meta inviolata nella loro prima partita e il modo in cui la loro motivazione collettiva ha appianato i problemi che hanno dovuto affrontare in preparazione e durante la partita.
In effetti, tutte le giocatrici hanno parlato costantemente di quanto bene gli allenatori fossero riusciti a prepararle nonostante avessero avuto solo due sessioni di allenamento formali. Gli allenatori stessi hanno riconosciuto questa sfida, con circa il 90% delle 23 giocatrici della giornata che non avevano mai giocato una partita di 15s prima di questa. Vistisen ha chiaramente apprezzato la sfida. Ha osservato che, mentre dovevano bilanciare l'insegnamento delle basi del gioco cercando di trasmettere una struttura alla squadra squadra sufficiente per giocare una partita, "questa esperienza ha spinto lo staff tecnico a riflettere davvero sul 'come' e sul 'cosa' degli elementi chiave del gioco a XVs, e ha anche acceso idee per le nostre ambizioni di allenamento in futuro e tutti gli elementi divertenti con cui puoi avere a che fare in questo formato".
Nel rugby si parla spesso di "animali da test match" in campo, ovvero quei giocatori e giocatrici che danno il meglio di sé sotto la pressione più intensa e che riescono a trascinare un'intera squadra con la loro assoluta determinazione a vincere. Di volta in volta, il rugby femminile è stato pieno di personaggi del genere anche fuori dal campo: allenatori, giocatrici e personale di supporto la cui determinazione a giocare ha permesso di affrontare qualsiasi sfida. Pur consapevoli delle esigenze del calendario del sevens e degli impegni professionali, allenatori e giocatrici sembrano determinati ad affrontare questa prossima sfida a testa alta.
L'obiettivo dello staff danese è quello di giocare due partite ufficiali nel 2025 con un'altra partita di sviluppo in aggiunta e, guardando più avanti, competere nella Rugby Europe's Conference. La sponsorizzazione è assicurata per l'anno prossimo, con Ocean.io, l'azienda che sponsorizza anche la squadra a sette, entusiasta della prospettiva di aiutare a sviluppare ulteriormente il gioco femminile in Danimarca. Le Valchirie hanno lottato duramente per superare le linee laterali e raggiungere il campo e ora è chiaro che non hanno intenzione di fermarsi.
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