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Il testimone

York. Agosto 2025. Australia vs USA. Italia vs Sudafrica. Due partite. Un ritorno. Un cerchio che si chiude. Ma non è solo rugby. È qualcosa che somiglia alla vita. Alla memoria. Alla voce che non vuole smettere di raccontare.


Quindici anni fa. Era il 2010. Twickenham Stoop. Inghilterra vs USA. Nuova Zelanda vs Galles. Il mio primo Mondiale. Avevo trentasette anni. E negli occhi, ancora la fame di chi vuole capire. Capire cosa c’è dietro una meta. Dietro una maglia. Dietro una storia. Non ero solo. C’erano Ambra e Claudia. Due ragazze che allenavo a Sesto Fiorentino. Due rugbiste. Due compagne di viaggio. Avevano il sorriso di chi crede. Crede che il rugby possa essere casa. Anche quando la casa è lontana. Dormivamo da Silvia. Un’altra giocatrice. Si era trasferita a Londra. Si era sposata. Aveva cambiato vita. Ma non aveva cambiato cuore. Ci aveva aperto le porte. E noi… Noi avevamo aperto gli occhi.

In quei giorni, tra mete e mischie, tra pub e stazioni, tra il carnevale giamaicano di Notting Hill e il verde di certi campi, successe qualcosa. Qualcosa che non si vede. Che non si tocca. Ma che resta. Il rugby femminile in Italia… Non esisteva. O meglio, esisteva. Ma nessuno lo vedeva. Nessuno lo raccontava. Era come un campo senza luci. Dove si gioca lo stesso. Ma nessuno guarda.

E allora lo feci io. Due anni dopo. Dopo un primo tentativo che non era decollato. Nacque il mio blog. Ladies Rugby Club. Un nome semplice. Un’idea chiara. Raccontare le partite. Raccontare le giocatrici. Raccontare il rugby femminile. Non sapevo dove mi avrebbe portato. Non cercavo fama. Cercavo giustizia. Cercavo memoria. Cercavo voce.

Oggi quel blog ha più di 8000 follower. Ma non è questo il punto. Il punto è che è diventato una finestra. Una voce. Un archivio di emozioni ovali. Un luogo dove il rugby femminile ha trovato casa. Ha trovato luce.

Sono tornato al Mondiale. Da solo. Ambra e Claudia oggi hanno altre vite. Silvia ha cambiato città. Io alleno i ragazzi. Ma continuo a scrivere. A raccontare. A seguire le ragazze. Nella speranza, un giorno, di tornare in campo con loro. Il rugby femminile è cambiato. È cresciuto. È diventato globale. Ha riempito stadi. Ha conquistato titoli. Ha fatto parlare di sé. Ma io… Io sono sempre qui. A bordo campo. Con un taccuino. A scattare una foto. A cercare una storia da raccontare.

Perché il rugby femminile non è solo sport. È resistenza. È bellezza. È voce. E se oggi non sono più il solo a raccontarlo… Va bene così. Anzi, è proprio questo il punto. Perché le storie, quelle vere, non si scrivono per essere unici. Si scrivono per essere condivise.

Mi chiamo Lorenzo Cirri. E da quindici anni, racconto il rugby femminile. Perché ogni meta ha bisogno di memoria. E ogni memoria, ha bisogno di qualcuno che la custodisca.

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