Il rugby femminile scozzese si appresta ad affrontare un quarto di finale della Coppa del Mondo contro l'Inghilterra, una sfida che molti definiscono "mission impossible". Ma dietro l'emozionante spettacolo in campo, si nasconde una storia di resilienza, ma anche di frustrazione e di una lotta per il riconoscimento e il supporto.
L'ultima vittoria della Scozia contro l'Inghilterra risale al lontano 1999, e il divario tra le due squadre è storicamente significativo. Eppure, per le scozzesi, essere le "underdog" non è un peso, ma una forza. L'ex capitano scozzese Lisa Martin ha affermato: "Non c'è alcuna aspettativa su di noi... Siamo le sfavorite. Siamo nella posizione in cui prosperiamo. Andate e rendete questa partita uno spettacolo".
Nonostante le difficoltà , la Scozia sta mostrando il suo miglior rugby dell'ultimo decennio, con l'Inghilterra che ora le considera "minacce" piuttosto che ignorarle. Giocatrici come Francesca McGhie, leader delle metawomen con sei mete, ed Evie Gallagher, leader nei placcaggi del torneo, insieme a Rachel Malcolm, terza per placcaggi, stanno dimostrando un talento eccezionale.
Tuttavia, queste prestazioni ammirevoli sono offuscate da profonde preoccupazioni interne. C'è un diffuso senso di malcontento e la sensazione di essere "sottovalutate" o "non rispettate" dalla federazione, la Scottish Rugby (SRU). Poco prima del torneo, alcune giocatrici sono state informate che i loro contratti non sarebbero stati rinnovati, creando "frustrazione all'interno dello spogliatoio" e le critiche dalla capitana Rachel Malcolm. Alcune giocatrici sono entrate nel torneo sapendo che non avrebbero avuto più un contratto alla fine del torneo e che la loro carriera di atleta professionista era effettivamente finita. L'ex capitana inglese Katy Daley-McLean ha riassunto il sentimento comune: "la Scozia sta giocando bene nonostante la loro federazione e non grazie ad essa".
Questa situazione ha avuto un impatto significativo sul benessere delle atlete. Lisa Martin ha rivelato che "ci sono sicuramente ragazze che si stanno stancando – fisicamente, emotivamente, mentalmente". Dopo le partite, alcune giocatrici confessano di desiderare che il torneo finisca, solo per allontanarsi dal rumore per un po' perché è stato davvero estenuante per loro. È un chiaro promemoria che sono persone, non robot.
Nonostante l'attuale slancio, c'è una grave preoccupazione per l'assenza di una strategia a lungo termine per il rugby femminile scozzese. La squadra è "così dipendente da questo gruppo di giocatrici con 60, 70, 80 o più presenze, e quando queste si ritireranno, ci si chiede come si farà a sostituirle?". La commentatrice della BBC Sara Orchard sottolinea che "non si sente molto parlare di quale sia la pianificazione per il futuro della Scozia" e si chiede quanto sia preparata la Scottish Rugby per il futuro del rugby femminile. Le crepe del gioco femminile in Scozia non possono essere ignorate dalle recenti performance incoraggianti. Anche la partenza del capo allenatore Bryan Easson dopo la Coppa del Mondo è un punto di discussione. Martin ritiene che sia "la cosa giusta da fare e il momento giusto per farlo".
La partita contro l'Inghilterra è un'opportunità per la Scozia di "rovinare la festa" inglese. Ma la loro storia deve andare oltre la domenica e affrontare le poche risposte attuali sulle crepe strutturali del gioco in Scozia. Questa squadra ha dimostrato un coraggio incredibile e un talento innegabile sul campo. Ora spetta alla federazione scozzese garantire che la loro dedizione e i loro sacrifici portino a un futuro più stabile e rispettoso per il rugby femminile. La Scozia non in campo solo per vincere una partita; è lì per combattere per il proprio valore e per il proprio futuro nel rugby.
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