Storia e sviluppo del rugby femminile francese, prossimo obiettivo un tour delle Lion?
Per chi ha avuto occasione di seguire il match al Musgrave Park di Cork, tra Irlanda e Inghilterra in diretta sulla BBC in questo fine settimana, oltre ai temi che la partita proponeva si è acceso, il dibattito sulle British & Irish Lions. Due anni fa, ci chiedevamo se i calci di Dannah O'Brien le avrebbero garantito un posto nel primo tour femminile in Nuova Zelanda nel 2027, oggi la concorrenza è aumentata così come le domande legate a questa nuova squadra. Si dice che il rugby maschile e femminile vivano contesti diversi, ma la passione per i Lions potrebbe presto unire questi due mondi.
Se da tempo si parla della possibilità di organizzare un tour dei Lions maschili in Francia, oggi è piuttosto probabile che le donne ci vadano prima, anche se gli organizzatori sono influenzati dalla convinzione che tutte le trasferte debbano essere nell'emisfero australe. Le Black Ferns hanno vinto sei delle ultime sette Coppe del Mondo, anche contro le forti Red Roses all'Eden Park nel 2022. Tuttavia, la Francia, che tre anni fa è stata a un piazzato dalla vittoria contro la Nuova Zelanda in semifinale, rappresenterebbe una meta degna di nota; una nazione con una solida rete di club, all'avanguardia nello sviluppo del rugby femminile.
La Francia ha già affrontato le isole britanniche (o almeno una squadra anglo-gallese). Les Bleues hanno vinto il primo incontro internazionale femminile, contro l'Olanda a Utrecht nel 1982, e il 19 aprile 1986 sono arrivate a Richmond per sfidare la Gran Bretagna. Simon Barnes annunciò la partita sul Times due mesi prima, esaltando la natura più offensiva del rugby femminile, in quanto prevedeva pochi calci di punizione.
In quella partita, Gran Bretagna e Francia si contesero la palla a Richmond, con la Francia che vinse 14-8. "Dopo tre mesi di trattative per le sponsorizzazioni, l'azienda vinicola Piat si ritirò, ritenendo che le ragazze formose non rappresentassero l'immagine 'giusta'", scrisse Barnes. "Ma il gioco continua anche senza di loro, e le squadre di tutto il paese stanno lottando per fare la storia: nessuno ha mai segnato un drop-goal nel rugby femminile".
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Women's Rugby Union International, Richmond, England, 19th April 1986, Great Britain 8 v France 14, (Photo by Bob Thomas Sports Photography via Getty Images) |
Le ospiti provenivano principalmente da Tulle e La Teste, mentre le università – soprattutto Loughborough – fornivano le giocatrici britanniche. La Francia vinse 14-8 e Norman Harris seguì la partita per il Sunday Times. "Il dottor [Samuel] Johnson, che credeva fosse sufficiente che un cane camminasse sulle zampe posteriori o una donna predicasse, senza considerare se lo facesse bene, avrebbe dovuto essere presente all'Athletic Ground di Richmond ieri", scrisse. "Lì, le donne non solo hanno giocato la loro prima partita internazionale di rugby in questo paese, ma hanno mostrato un fervore e un impegno che riecheggiavano molte delle battaglie tra queste nazioni rugbistiche".
Inghilterra e Galles si separarono per due partite internazionali e si riunirono poi nuovamente per giocare come Gran Bretagna, sconfiggendo la Francia per 28-6 a Chalon-sur-Saône, prima di giocare per la Coppa Europa del 1988. Le due squadre si affrontarono in un girone all'italiana di tre giorni a Bourg-en-Bresse con Francia, Italia e Paesi Bassi. Dopo due comode vittorie a testa, Francia e Gran Bretagna si contesero il trofeo nel turno finale, con la squadra di casa che si aggiudicò la vittoria per 8-6. L'ultimo incontro franco-britannico si tenne al Rosslyn Park nel 1989: una vittoria per le padrone di casa, con Karen Almond che segnò nove punti – incluso un drop – in una vittoria per 13-0. Con l'avvento della prima Coppa del Mondo nel 1991, le squadre di Inghilterra e Galles si divisero definitivamente. L'istituzione di tornei internazionali negli anni '80 rappresentò un passo significativo nella crescita del rugby femminile.
Tutti sappiamo che Emily Valentine, una ragazza irlandese che giocò a rugby ad Enniskillen nel 1887 e si ispirò a William Webb Ellis, mentre non tutti sanno che una partita a Hull rappresenta uno dei primi esempi di rugby femminile della fine dell'Ottocento. Dopo la Prima Guerra Mondiale – e una partita tra Cardiff e Newport Ladies all'Arms Park nel dicembre 1917 – il rugby femminile visse una rinascita e un adattamento in Francia. Una rapida ricerca negli archivi britannici degli anni '20 rivela diversi articoli su come le donne sembrassero apprezzare il rugby (c'era anche una lettera al Western Mail del 1936 che affermava che avrebbero dovuto essere bandite dalle partite internazionali perchè in grado di comprendere i dettagli più sottili del gioco).
In Francia, all'epoca di Alice Milliat, pioniera delle Olimpiadi femminili, le partite si giocavano con 12 giocatrici contro 12, su un campo più piccolo, senza calci o placcaggi intorno alle gambe. "La dottoressa Marie Houdré e André Theuriet adattarono le regole del rugby per creare la 'barretta', spostando il gioco in uno spazio sportivo femminile piuttosto che permettere alle donne di invadere uno spazio di gioco codificato dagli uomini", scrive Lydia Furse, una delle più note ricercatrici della storia del rugby femminile.
Il fulcro di questa rivoluzione fu la Fémina Sport, con sede allo Stade Élisabeth di Parigi. Tuttavia, il barrette non decollò e ai club di rugby fu impedito di ospitare partite (simile al divieto imposto dalla FA al calcio femminile nel 1921). La terza ondata nello sviluppo del rugby francese iniziò nel 1962, quando l'Università di Edimburgo creò una squadra di rugby femminile, seguita a breve dalla Francia, ispirata dalle studentesse del sud che organizzavano partite di rugby.
La prima delle nuove formazioni fu il club delle Violettes Bressanes di Bourg-en-Bresse, seguito dalla creazione di una Federazione Francese di Rugby Femminile alla fine del decennio (la FFR integrò le donne nel 1989). Nonostante l'opposizione di Marceau Crespin, direttore sportivo francese, che riteneva il rugby inappropriato per le donne, il primo campionato nazionale si giocò nel 1971.
La geografia del rugby femminile francese differisce leggermente da quella maschile. L'Élite 1, la massima serie a dieci squadre, non ha rappresentanza nel profondo sud-ovest (Bayonne e Dax sono in seconda divisione, insieme ad altre città storiche del rugby): Tolosa è rappresentata da Blagnac e dallo Stade Toulousain; Bordeaux dallo Stade Bordelais; il profondo sud-est ha Montpellier; l'Alvernia-Rodano-Alpi ha Grenoble, Lione e Romagnat; Parigi ha Bobigny; la Bretagna ha lo Stade Rennais; e il nord-est, al confine con il Belgio, ha lo Stade Villeneuvois Lille Métropole. Una disposizione perfetta per un tour dei Lions, non credete?
Negli ultimi anni, le Red Roses sono cresciute ad una velocità quasi doppia rispetto alla Francia, che ha vinto il Sei Nazioni per l'ultima volta nel 2018. Il torneo di quest'anno dovrebbe concludersi con un altro Grande Slam inglese il 26 aprile a Twickenham. Quando le due squadre si sono affrontate in quello stesso stadio due anni fa, si sono presentate 58.498 persone, un numero decisamente superiore a quello di Richmond nel 1986.
Un altro esempio di come il rugby femminile possa raggiungere traguardi che quello maschile potrebbe non raggiungere è la qualità degli impianti delle Les Bleues. Negli ultimi tre anni, hanno giocato in alcuni dei migliori stadi del Top 14 e della Pro D2. Recentemente hanno disputato partite a Vannes, Grenoble, Le Mans, Parigi e Bordeaux, e questa stagione la Francia ha battuto la Scozia a La Rochelle e il Galles a Brive.
Nella vittoria contro la Scozia, Pauline Bourdon Sansus ha emulato Karen Almond, segnando un drop-goal, il primo nel Sei Nazioni femminile da 11 anni. Sicuramente pur giocando lo stesso gioco degli uomini, quello femminile è nello stesso momento un gioco diverso, e forse proprio per questo non sarebbe male assistere a un tour delle Lions in Francia.
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