Rugby femminile in Francia: tra crescita impetuosa e sfide cruciali
A ridosso del debutto nella Pool D tra Italia e Francia, abbiamo voluto fare il punto sullo stato attuale del rugby femminile d’Oltralpe. L’obiettivo? Capire se l’entusiasmo che circonda le Bleues è davvero giustificato o se, al contrario, le critiche emerse sui media e tra i tifosi dopo la pesante sconfitta contro l’Inghilterra nascondano problemi più profondi. Dopo aver analizzato le principali testate francesi e centinaia di commenti online, ecco il quadro che ne è emerso: luci, ombre e interrogativi che accompagnano la nazionale transalpina verso il suo esordio mondiale.
Il rugby femminile francese sta vivendo un periodo di crescita notevole, con un aumento spettacolare del numero di praticanti e un crescente interesse del pubblico per le "Bleues", la nazionale femminile. Tuttavia, dietro questa facciata di successo, si celano importanti limiti e ritardi, in particolare rispetto alle principali rivali internazionali come l'Inghilterra. Nonostante la Federazione francese di rugby (FFR) tracci un quadro molto positivo dell'ecosistema, il percorso verso la piena professionalizzazione e un'equa parità è ancora lungo e complesso.
Un Bilancio Positivo ? Tendenzialmente si
Prima di addentrarci nelle criticità, è doveroso riconoscere i passi avanti compiuti. Il numero di giocatrici tesserate è aumentato del 94% tra il 2017 e il 2023, raggiungendo 52.689 giocatrici attive contro i 311.681 uomini, ovvero un rapporto di uno a sei. Circa 1.160 club dispongono ora di una sezione femminile. La FFR ha decuplicato i mezzi a disposizione delle selezioni femminili, offrendo loro accesso alle stesse infrastrutture maschili a Marcoussis e implementando strumenti di monitoraggio a distanza come GPS e software di allenamento muscolare.
La riorganizzazione del campionato Élite 1 in un unico girone a 10 squadre ha migliorato leggibilità e omogeneità, portando a partite di qualità superiore. Anche la formazione è stata ben sviluppata, con le accademie federali che hanno permesso di equiparare il livello di allenamento tra ragazzi e ragazze di pari età, creando generazioni di giovani giocatrici con un bagaglio rugbistico "davvero enorme" rispetto al passato. L'interesse del pubblico è evidente: i recenti match casalinghi delle Bleues hanno visto stadi pieni, e il successo televisivo è notevole, con quasi 16,5 milioni di telespettatori che hanno seguito almeno un momento del torneo delle Bleues nel 2025, e un picco di 2,9 milioni per la finale Inghilterra-Francia.
Le ombre: ritardi e punti critici
Nonostante questi progressi, l'evoluzione del rugby femminile francese incontra importanti limiti, e il "passo verso la professionalizzazione è ancora molto lungo".
1. La lenta (e incompleta) professionalizzazione
Questo è forse il nodo cruciale. Attualmente, solo una trentina di giocatrici vive di rugby a XV in Francia, attraverso contratti federali al 75% con la FFR, che garantiscono tra i 3.500 e i 4.000 euro al mese a seconda dell'esperienza. Tuttavia, questi contratti durano solo un anno, creando instabilità. La stragrande maggioranza delle giocatrici dell'Élite 1 deve conciliare lo sport ad alto livello con lo studio o altri lavori. Ad esempio, sulle 40 giocatrici delle Amazones de Grenoble (quinte la scorsa stagione e con cinque giocatrici selezionate per il Mondiale), solo tre hanno un vero contratto da professioniste, e anche loro portano avanti gli studi (medicina, diritto, professoressa di educazione motoria). Per le altre, i rimborsi spese, che si basano su bonus partita, si attestano sui 100-300 euro al mese. Allo Stade Toulousain, finalista della Élite 1 la scorsa stagione, le giocatrici lavorano o studiano, e il club negozia con datori di lavoro e scuole per liberare le atlete due mezze giornate a settimana per gli allenamenti diurni, una rarità in Francia. Il club remunera anche le sue giocatrici con 200-400 euro al mese a seconda di vari fattori. Questa situazione di "intermezzo" crea pressioni finanziarie e un ambiente non ottimale per le prestazioni, portando alcune giocatrici ad abbandonare perché "si sentono troppo pressate da un rugby che chiede troppo, senza ricevere abbastanza".
2. Il Divario con l'Inghilterra (e Altre Nazioni Professionali)
Mentre la Francia arranca, il campionato inglese è professionale al 100% dal 2018. Questo ha permesso alle giocatrici inglesi di progredire significativamente, creando un "vero e proprio divario" con le francesi. Nonostante le giovani francesi siano tra le migliori al mondo e dominino regolarmente le pari età inglesi, una volta raggiunti i 18 anni, la giocatrice inglese beneficia di un contesto professionale al 100% per anni, superando la sua omologa francese. La Francia ha perso 16 partite consecutive contro l'Inghilterra, l'ultima delle quali con un netto 40-6. Questo porta a considerare la Francia parte di una "sorta di seconda divisione" rispetto alle inglesi. L'esempio del calcio femminile tedesco, che ha optato per il semi-professionismo e ha mostrato un ineluttabile declassamento rispetto alla Premiership Inglese è sotto gli occhi di tutti.
3. Mancanza di visibilità e diffusione del campionato
Nonostante l'accordo con Canal+, l'Élite 1 non ha ancora una "emittente ufficiale" nel senso pieno del termine. Le poche partite trasmesse da Canal+ ci sono solo se precedono o seguono un match del Top 14 tra le stesse città, un modello che esclude club importanti come Blagnac, semifinalista e con molte internazionali in squadra. Questo ritardo è enorme rispetto ad altri sport femminili in Francia, come la D1 di calcio (Arkema Première League), dove tutte le partite sono diffuse da Canal+, o la D1 di pallamano (Ligue Butagaz Energie), con match principali su BeIN Sports e la maggior parte su una piattaforma dedicata. La mancanza di visibilità del campionato rende difficile l'attrattiva per sponsor e pubblico.
4. Sfide Economiche e Finanziarie
Il rugby femminile "non produce entrate" sufficienti. I budget dei club femminili sono estremamente ridotti. Un esempio lampante è il Lons Section Paloise, un ex club di Élite 1, che quest'anno aveva un budget di 280.000 euro, 100 volte inferiore a quello della Section Paloise maschile in Top 14. Questo budget è inferiore anche al più basso della Ligue Butagaz Energie di pallamano femminile, che si attesta intorno al milione di euro. È necessaria una maggiore e più equa contribuzione da parte dei partner privati.
5. Mancanza di supporto adeguato delle giocatrici
Le giocatrici sono sotto pressione e spesso "non sufficientemente supportate". Viene chiesto loro molto dai club per mantenere il livello, ma manca un adeguato supporto esterno. Questo crea un divario tra l'impegno richiesto e il supporto ricevuto, spiegando anche il "grande divario" tra i risultati a livello giovanile e quelli delle squadre senior.
Conclusione: La Coppa del Mondo 2025 come Catalizzatore?
La Coppa del Mondo di rugby 2025, che si terrà in Inghilterra dal 22 agosto al 27 settembre è vista come un'opportunità cruciale. Le "Bleues", terze nelle ultime tre edizioni, sperano di fare altrettanto bene, se non meglio, e raggiungere una prima finale. Si spera che le loro prestazioni in Inghilterra, siano esse deludenti o magnifiche, fungano da "catalizzatore" per accelerare la crescita del rugby femminile in Francia. È imperativo aumentare la visibilità attraverso la diffusione, moltiplicare i contratti professionali, incentivare maggiormente (o sanzionare) i club e aumentare l'esigenza generale del mondo ovale nei confronti del rugby femminile, oltre a un supporto economico più robusto e equo dai partner privati. Solo così la Francia potrà colmare il ritardo e competere ad armi pari con le migliori nazioni del mondo.
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