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Quattro chiacchiere con Charlotte Caslick: il rugby femminile tra Olimpiadi, professionismo... E stereotipi.

Nonostante le mille difficoltà dovute al periodo, non certo semplice, è ormai tutto pronto per le Olimpiadi di Tokyo ed il rugby 7s sarà ancora una volta protagonista, entrando nelle case di milioni di spettatori appassionati e semplici curiosi.

Una delle star del torneo olimpico sarà certamente ancora una volta Charlotte Caslick, che proverà con la sua Australia a difendere l’oro conquistato a Rio nel 2016. Ho avuto modo di scambiare due parole con lei (via mail) e nonostante sia impegnatissima con la preparazione del torneo olimpico, ha trovato il tempo di rispondermi e per questo le sono estremamente grato.


Abbiamo parlato di rugby, ma non dal lato tecnico, questo lo faranno nei prossimi giorni tutte le testate (ovali o meno), cercando di aprire una finestra su quello che Charlotte è come atleta e cosa rappresenta per il suo paese, così come sulle grandi sfide che il rugby femminile deve ancora vincere e l’eterno quanto annoso dilemma della femminilità e degli stereotipi che ancora permeano l’ambiente. Questo è quello che mi ha raccontato Charlotte.

Femminilità e stereotipi

Giocare a rugby e rappresentare il proprio paese è una cosa fantastica, ma non è certo tutto rose e fiori. Le donne che giocano a rugby vengono giudicate molto spesso prima per il loro aspetto, che per le qualità tecniche.

Le persone, che sono al di fuori del nostro sport, fanno spesso molta fatica ad accettare l’idea che tu possa essere femminile ed una ruvida giocatrice di rugby, allo stesso tempo. Il giudizio di natura fisica, però, è ben presente anche dentro il nostro circuito del 7s femminile, mi è capitato spesso di vedere come altre squadre danno un'occhiata a noi australiane e pensano che non siamo all'altezza fisicamente. Certo, potremmo essere un po' più piccole delle giocatrici di alcune delle altre squadre, ma abbiamo un cuore enorme. Penso che lo abbiamo dimostrato vincendo l'oro a Rio.

C'è stato un momento durante le Olimpiadi del 2016 contro gli Stati Uniti in cui ho effettuato un placcaggio determinante a pochi cm dalla linea di meta. Non ci ho pensato molto all'epoca, ma il video di quel placcaggio è stato visto da più di un milione di persone in America ed è diventato virale in tutto il mondo. Ho raccolto 30.000 follower su Instagram dopo quella partita. Più tardi, il nostro allenatore Tim Walsh ha detto che pensava che quello fosse un momento cruciale di consapevolezza per tutte le ragazze, quello che noi chiamiamo: "girl power". Questo ha significato molto per me.

Se guardiamo al mio aspetto in quel momento, avevo una finta abbronzatura sulle gambe, trecce e nastri tra i capelli, tutto molto lontano dall’idea classica della giocatrici di rugby. Questo ha dimostrato che non è necessario adattarsi a un vecchio e noioso stereotipo su come dovrebbe essere una rugbista e su come viene rappresentata la forza di un’atleta. Quello che sei sul campo, come nella vita, è definito dalle tue azioni e non dal tuo aspetto. 

Ci sono un sacco di ragazze giovani, che iniziano a giocare a rugby e diventano eccellenti placcatrici. La tecnica può battere la pura forza e la dimensione del corpo. Le ragazze non devono cambiare chi sono per praticare il nostro sport. Era da molto tempo che cercavamo di cambiare questo modo di pensare nel rugby femminile, ma non riuscivamo a fare progressi. Poi abbiamo vinto l'oro olimpico e le cose (in Australia) sono decisamente cambiate.

L’esperienza olimpica

Il motivo per cui sono passata dal touch rugby al rugby sevens è stato per competere alle Olimpiadi. Far parte di quell'atmosfera e della squadra australiana a Rio 2016 è stato incredibile. Abbiamo vinto l'oro il terzo giorno dei Giochi, il che significa che abbiamo avuto un po' di tempo per goderci insieme questo traguardo.

Essere nel villaggio degli atleti e partecipare a tutti gli eventi è stato fantastico. Persone come Patty Mills si sedevano e facevano colazione con noi. La sua vita in WNBA è completamente diversa dalla nostra, ma facevamo tutti parte di questa grande squadra. Eravamo tutti uguali. Patty era una leggenda. Gli è piaciuto molto vederci giocare. Alla fine le ho regalato una delle mie maglie autografate da regalare a una giovane ragazza della sua famiglia che aveva appena iniziato a giocare a rugby e lei mi ha regalato una delle sue maglie da basket autografate, il che è stato fantastico. A Rio ho potuto guardare Michael Phelps nuotare, Usain Bolt correre e Rafael Nadal giocare a tennis. È stato fantastico, vedere quanto tutti questi atleti lavorano duramente per essere i migliori al mondo.

Non ci siamo davvero prese una pausa quando siamo tornati in Australia perché stavamocercando di fare visite scolastiche e apparizioni sui media – per metterci in gioco il più possibile perché in Australia questo è uno sport davvero nuovo per le donne. Volevamo mantenere lo slancio e far crescere lo sport. Mio padre aiuta ancora oggi a gestire un club di rugby a Brisbane e se vado ad allenarmi ora, ci sono quasi 60 ragazze che si allenano. Sta diventando sempre più grande. È bello vedere i bambini e le bambine divertirsi. Ti ammirano e pensano che tu sia fantastica, quindi c’è anche un enorme aumento di fiducia. Quando ero al liceo, non avrei mai pensato che essere un’atleta professionista fosse possibile per me. Ho iniziato a studiare assistenza sociale all'università di Brisbane prima di avere l'opportunità di giocare a rugby 7s. È bello vedere la quantità di opportunità che le ragazze hanno in questi giorni. Che si tratti di rugby a sette, netball, AFL, calcio o rugby league. Oggi ci sono così tante strade che possono intraprendere per diventare atlete professioniste.

Anche quest'anno abbiamo avuto il torneo AON Uni7s. Ho giocato per la Bond University. Alcune ragazze più giovani della Tasmania mi hanno detto che l'unico motivo per cui giocavano a rugby era perché mi avevano visto alle Olimpiadi. È fantastico pensare che correvamo sullo stesso campo, giocando l'una contro l'altra. Speriamo che un giorno potremo avere un vero e proprio campionato nazionale di rugby 7s. Penso che il torneo universitario AON possa essere un buon inizio in quella direzione. Se continua a crescere penso che potrà raggiungere quel livello e se noi riusciamo a convincere più persone a valutarci come un fattore di intrattenimento, questo sport potrà solo migliorare. Potremo iniziare a giocare più spesso e davanti a un grande pubblico.

Essere una professionista

Personalmente, se guardo indietro, posso dire che non mi sarei mai aspettata che tutto questo potesse accadere. Giocavo a touch rugby dove dovevo pagare più di 1.000 $ ogni volta che rappresentavo l'Australia. Ho giocato in quella squadra con Emilee Cherry, Alicia Quirk ed Evania Pelite, che sono ancora le mie compagne di squadra oggi. Ci è piaciuto così tanto farlo che non abbiamo nemmeno pensato due volte a quanto fosse difficile. 

Ho trascorso il mio 18° compleanno con la squadra Sevens. Siamo state in Russia ed America per un Mondiale e in Brasile per un'Olimpiade. Abbiamo sperimentato insieme tutte queste culture diverse. Non sarebbe stato così bello se non l'avessi fatto con questeragazze, che sono diventate le mie migliori amiche. Per me è stata dura stare lontana da casa e perdere molto del mio tempo con la famiglia e gli amici, ma ci sono altre ragazze che hanno fatto enormi sacrifici.

Gemma Etheridge si è separata dal fidanzato e ha lasciato un lavoro ben pagato per allenarsi con noi e raggiungere le Olimpiadi del 2016. Vederla arrivare lì nonostante si fosse infortunata al ginocchio, sei mesi dopo è stato incredibile. Ha lavorato tanto per tornare in campo e giocare a Rio. Eravamo tutti così orgogliosi di lei. 

Tuttavia, la professionalità dello sport potrebbe essere migliorata. Vorrei giocare tanti tornei quanti ne gioca la squadra maschile. Questo è un modo in cui le persone inizieranno a vedere le due squadre alla pari. La maggior parte di noi veterane oggi è completamente “pro” ora, ma penso che le cose potrebbero migliorare per le giovani ragazze che entrano in squadra. Ma rispetto ad altri sport femminili, penso che stiamo andando molto bene. Avere un mercato più competitivo con AFLW, W-League, Super Netball e rugby league ci aiuterà solo. Penso che abbiamo sempre aperto la strada. È la nostra ottava stagione come atlete a tempo pieno. Quando abbiamo iniziato, il sevens era l'unico sport di contatto professionale per le donne.

Una donna con la valigia

Sono fortunata. Il mio compagno Lewis Holland gioca per la squadra di Sevens maschile australiana. Non possiamo fare tutti gli eventi insieme, ma i nostri programmi di solito si sincronizzano abbastanza bene. Tuttavia, verso la fine della stagione delle World Series inizi ad essere un po' stufa di stare lontano da casa. Dubai, Parigi, Sydney, Kitakyushu e Langford, ci sono sicuramente alcuni timbri nuovi sul passaporto alla fine di ogni anno, ma per me non c'è niente che batte l'Australia e viaggiare ti fa capire quanto siamo fortunati qui. 

Nel mio tempo libero mi piace vedere nuove spiagge e viaggiare per il paese. Lewis e io di recente abbiamo trascorso del tempo nel Territorio del Nord in un allevamento di bestiame. Lui stava aiutando alcuni nostri amici con la cattura di bufali. Le proprietà sono enormi e c'è così tanto lavoro da fare per gestirle. L'etica del lavoro delle persone lassù è incredibile.

Ho una passione per la crescita del rugby nelle aree rurali. Un giorno voglio andare là fuori per aiutare a far crescere lo sport nelle comunità rurali. Penso che il rugby abbia ancora molta strada da fare nel paese. Altri sport stanno facendo un lavoro migliore in questo momento.

Tokyo… Arriviamo!

Ci è stato chiesto cosa significasse di più per noi: la Coppa del Mondo o i Giochi Olimpici. Quasi tutte le ragazze della squadra hanno detto le Olimpiadi. Nonostante il periodo, e la mancanza di pubblico sugli spalti. Non molte atlete hanno la possibilità di giocare a quel livello nella vita ed in più abbiamo un compito molto grande: difendere l’oro conquistato a Rio. Tutti guardano le Olimpiadi e questa è anche una grande opportunità per continuare a far crescere il rugby femminile in Australia. 

Lo standard della competizione sarà davvero alto perché la maggior parte delle migliori nazioni del mondo sono presenti. Abbiamo un'enorme rivalità con la Nuova Zelanda, ma non possiamo certo dimenticarci del Canada, degli Stati Uniti dell’Inghilterra e della Francia. Ognuna ha delle grandi giocatrici e delle motivazioni molto solide, quindi sarà interessante vedere quale sarà il torneo di ogni squadra. Non è stato un anno facile, so no reduce da un brutto infortunio, anche se adesso sono perfettamente in forma. Sono entusiasta della possibilità di giocare in Giappone. 

John (Manenti, coach dell’Australia, nda) ci guiderà in tutto. E’ arrivato nel 2018 dopo che Tim (Walsh, coach dell’Australia a Rio 2016, nda) è stato lì per quasi tutta la mia carriera e mi ha vista crescere non solo come giocatrice ma anche come persona ed ha sempre mostrato fiducia in me, il che mi ha fatto credere nelle mie capacità.

John è molto bravo, sa come ottenere il meglio da questo gruppo. Avere a che fare con 20 ragazze, metà delle quali adolescenti, non è sempre facile. Probabilmente ha avuto a che fare con certe questioni più di quanto un allenatore medio vorrebbe. Come si dice, ogni rosa ha le sue spine. Abbiamo tutti i nostri momenti, ma è proprio questo che ci permette di crescere e migliorarci costantemente.

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