Media, TV e il rugby femminile che non c'è... Ma la colpa di chi è?
Non si è ancora placata l'eco della vittoria del Villorba nella finale del campionato di Serie A Elite, che è già tempo di fare una riflessione sulla potenzialità sprecata di questo evento e sulla mancata trasmissione in chiaro della partita più importante dell'anno in TV o in streaming.
La finale del massimo campionato italiano è andata in scena a Casale Sul Sile, non il posto più semplice da raggiungere per gli appassionati (come me) che avrebbero, pur provenendo dalle più svariate parti d'Italia volentieri assistito alla partita, ma questo problema avrebbe potuto essere facilmente aggirato se, come in passato, la partita fosse stata resa disponibile se non in diretta almeno in replica in chiaro nei giorni successivi. Invece niente. Dazn non ha dato risposte e la FIR non si è minimamente preoccupata della cosa, relegando la visione della partita ai circa 1500 spettatori presenti ed impedendo a chiunque si occupi in qualche modo di dare visibilità a queste ragazze di parlare sapendo di cosa stava parlando. Questi momenti di trionfo meritano di essere condivisi e celebrati su scala nazionale. Tuttavia, la copertura televisiva limitata relega questi successi a una nicchia di appassionati, anziché esaltarli come esempi di eccellenza sportiva.
Purtroppo in tanti anni in Italia dal punto di vista della copertura mediatica è cambiato molto poco, il rugby femminile continua a combattere non solo sul campo, ma anche fuori, una lotta difficilissima per la visibilità e il riconoscimento. Nonostante le crescenti prestazioni delle Azzurre e il successo internazionale, la copertura televisiva delle partite di rugby femminile rimane un campo in cui c'è ancora molto, se non tutto, da fare.
La mancanza di trasmissioni regolari e ampie limita la capacità di questo sport di raggiungere un pubblico più vasto e di ispirare la prossima generazione di giocatrici. Questo ostacola non solo la crescita del movimento, ma anche la lotta per l'uguaglianza di genere nello sport. Con immensa difficoltà e grande sacrificio di tempo ci sono tanti appassionati che provano a mettere una pezza su questo buco enorme usando i loro canali social, imbastendo live, intervistando le ragazze, recuperando streaming di genitori che con il cellulare riprendono le partite delle figlie, ma tutto questo sforzo non basta più.
Anche il Sei Nazioni femminile, ad esempio, ha visto una copertura parziale, con le partite dell'Italia trasmesse su Sky Sport e in chiaro sul canale YouTube della piattaforma, senza però altri approfondimenti, per non parlare delle altre partite del torneo trasmesse in replica in orari non proprio consoni e magari quando i risultati di tali partite erano già noti, togliendo all'appassionato una gran parte del pathos. Eppure questa per noi quest'anno è stata la situazione di eccellenza, poter vedere gratutitamente almeno le Azzurre su YouTube non è stata cosa da poco. Certo non tutti hanno dimestichezza con tali piattaforme, trasmettere quelle partite in chiaro sulla TV, come fatto per la nazionale maschile sarebbe stato così problematico? E poi cosa succede con le partite di campionato o altri tornei importanti? RugbyPass TV è stata una manna dal cielo, adesso possiamo assistere in straming ai tornei internazionali, al campionato inglese, alla stagione del 7s... Ma se ci pensate bene manca qualcosa ed è esattamente quello che interessa ai tifosi (vero forse non tantissimi) sparsi in giro per la penisola: il campionato italiano. La visibilità è essenziale per il sostegno e l'investimento nello sport, e senza di essa, il rugby femminile continuerà ad essere in difficoltà nella lotta per ottenere il riconoscimento che merita.
È tempo che i media, la Federazione e gli sponsor riconoscano il potenziale del rugby femminile e si impegnino a garantire che ogni placcaggio, ogni meta, ogni vittoria sia accessibile a tutti, non solo agli spettatori presenti sugli spalti, ma anche a quelli dietro lo schermo e per fare questo è necessario che anche i club facciano la loro parte. Se in Spagna riescono a trasmettere in streaming tutte le partite fino al 3° livello del campionato nazionale, talvolta con prima e seconda squadra e con qualità relativamente buona, pur con mezzi molto limitati, mi chiedo perchè non è possibile farlo in Italia. Dov'è tutto questo interesse di cui si sente parlare in giro dai club e dalla Federazione? E non ditemi che è solo questione di soldi, una telecamera mobile come le Veo costa all'incirca 900 € e garantisce una ripresa di livello accettabile senza troppo impegno. Se non si riescono a trovare, nell'arco di una stagione allora abbiamo davvero un problema enorme. Come dicono in Francia, Inghilterra, Spagna e via discorrendo: "se non puoi vederlo, non puoi apprezzarlo" e siamo tutti concordi di quanto questo potrebbe servire per provare ad aumentare i numeri.
Al giorno d’oggi, i media concentrandosi meramente sul dato economico finiscono per giocare un ruolo significativo nel mostrare la disuguaglianza tra giocatori di sesso maschile e femminile sul campo di rugby. La trasmissione televisiva in chiaro è una un strumento fondamentale per coinvolgere i tifosi e fornisce un incentivo necessario per attrarre potenziali sponsor per le giocatrici di rugby, il che significa che influenza il sostegno finanziario di tutto il sistema. I potenziali sponsor vengono a conoscenza dei giocatori di rugby guardando trasmissioni televisive o altre piattaforme di social media, più sanno di quel giocatore di rugby, maggiore è la comprensione che hanno nei suoi confronti; maggiore è la comprensione che hanno nei confronti di quel giocatore di rugby, maggiore è la sponsorizzazione che sono disposti a offrirgli. Inoltre, i contenuti sportivi saranno per lo più ospitati e consumati attraverso piattaforme social, i cui proprietari rappresenteranno importanti opportunità di partnership, ricavi e sviluppo del marchio. Questo al momento non accade minimamente per le giocatrici. Non solo la sponsorizzazione, ma anche la partnership, i ricavi e lo sviluppo del marchio per una giocatrice di rugby sono direttamente influenzati dalla copertura mediatica ineguale, quindi in pratica non ci sono. Poiché le giocatrici di rugby non ricevono sufficiente copertura mediatica, ne consegue che sono sottorappresentate e non hanno un sostegno finanziario sufficiente, di conseguenza come facciamo ad alzare il livello dei nostri campionati?
L'utilizzo di piattaforme digitali e social media per trasmettere le partite e condividere contenuti relativi al rugby femminile può aumentare la visibilità dello sport attraverso la trasmissione di partite in chiaro, interviste, highlights e contenuti esclusivi. La collaborazione tra la FIR e i partner mediatici è cruciale per assicurare una copertura più ampia, portare ad accordi per la trasmissione di partite su canali televisivi nazionali o regionali, nonché la creazione di programmi dedicati al rugby femminile.
D'altra parte i club dovrebbero giocare la stessa partita, sviluppando un settore marketing e comunicazione efficace, avviando progetti di comunicazione integrati con il marketing per gestire il settore in maniera un po' più professionale: utilizzare i social media per condividere contenuti interessanti, come interviste, highlights e storie di successo delle giocatrici, può aiutare a costruire una fanbase online e aumentare la visibilità. Se non lo facciamo tutti assieme poi è inutile lamentarsi se il rugby femminile continua ad avere problemi di numeri, la qualità del campionato non cresce e i potenziali sponsor non sanno nemmeno se la palla è rotonda o ovale!
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